DI ANTONELLO TOMANELLI
Questo è quanto si legge sui fogli di carta affissi alla bacheca di una scuola di Odessa, che possiamo presumere rappresenti solo un esempio fra tanti in Ucraina. La grafica suggerisce che i destinatari del messaggio non sono studenti universitari.
Quindi non dobbiamo meravigliarci più di tanto della palese violazione dell’art. 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, laddove stabilisce che «Il godimento di ogni diritto previsto dalla legge deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o di altro genere, l‘origine nazionale o sociale, l‘appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita o ogni altra condizione».
Chiunque relazionasse alcune norme di quest’ultima convenzione al comportamento delle autorità scolastiche dell’Ucraina, proverebbe una spontanea quanto comprensibile indifferenza per il destino di quel Paese. Prendiamo, ad esempio, l’art. 2, comma 2°: «Gli Stati Parti adottano tutti i provvedimenti appropriati affinché il fanciullo sia effettivamente tutelato contro ogni forma di discriminazione o di sanzione motivate dalle condizioni sociali, dalle attività, opinioni professate o convinzioni dei suoi genitori, dei suoi rappresentanti legali o dei suoi familiari».
Difficile immaginare una violazione più grossolana da parte delle autorità scolastiche ucraine, che voglio instillare nel bambino russofono il disprezzo verso i propri genitori, causa dei suoi mali, allontanarli da loro e indurli a rinnegare le proprie origini, fino a trasformare la propria identità russa in un lontano ma imbarazzante ricordo.
In Ucraina l’interesse superiore del fanciullo, faro che orienta tutte le legislazioni dei Paesi civili, vale zero.