NANCY PELOSI ARMA POLITICA FUORI CONTROLLO, ALL’ATTACCO IN ARMENIA

DI MICHELE MARSONET

 

 

La Presidente della Camera degli Stati Uniti Nancy Pelosi a fine mandato, insegue la politica estera presidenziale di Biden e lo scavalca. Dopo Taiwan, visita nella capitale armena a dar fastidio a Mosca e ad accusare l’Azerbaijan amico della Turchia.
Dopo quasi tre giorni di combattimenti, tra Armenia e Azerbaijan tregua armata che per il momento sembra tenere, anche perché garantita indirettamente dagli Stati Uniti a far dispetto alla Russia tutrice ufficiale in campo.

Nancy Pelosi fa la sua politica estera

A seguito della recente visita a Taiwan che causò una forte crisi diplomatica con la Cina e un temporaneo blocco navale dell’isola, la “speaker” democratica della Camera Usa, Nancy Pelosi, prosegue la sua politica estera personale, che non è concordata con il presidente Joe Biden e la sua amministrazione.
Questa volta si è recata in Armenia. Per capire i motivi del viaggio, occorre rammentare che il Paese caucasico, ex Repubblica sovietica, è membro della CSTO (Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva), l’alleanza militare creata da Mosca nel 1992 per mantenere nella sua sfera d’influenza le Repubbliche ex sovietiche del Caucaso e dell’Asia centrale. Tale alleanza – che è di tipo militare – prevede che, qualora uno Stato membro venga aggredito, gli altri membri siano obbligati a intervenire militarmente per difenderlo.

L’ultima antisovietica Post URSS

Il fatto è che l’Armenia è in guerra da anni con il vicino Azerbaigian – altra Repubblica ex sovietica – per il controllo del Nagorno-Karabakh, enclave armena in territorio azero. Recentemente l’Armenia è stata attaccata nel suo stesso territorio dall’esercito di Baku, appoggiato e rifornito dalla Turchia di Erdogan.
Gli armeni hanno chiesto aiuto ai russi, loro tradizionali protettori, Tuttavia Putin ha fatto orecchie da mercante. Impegnato all’estremo nel sanguinoso conflitto in Ucraina, il capo del Cremlino non ha truppe da inviare nel Caucaso, e ha in pratica abbandonato gli armeni al loro destino.

Tardive voglie presidenziali

Con la sua visita a Erevan, Pelosi intende ribadire il sostegno americano all’Armenia, e ha pure ampiamente citato il “genocidio armeno” ad opera dei turchi ottomani nel 1915-16. Rabbiosa la risposta di Ankara che, a dispetto dell’evidenza storica, ha sempre negato che tale genocidio sia realmente avvenuto.
Non ci sono finora reazioni ufficiali di Washington, anche se è evidente che l’amministrazione Biden non vede con troppo favore il grande attivismo della Pelosi. Negli Stati Uniti, infatti, la politica estera è competenza del presidente e del segretario di Stato e, da quanto risulta, Joe Biden e Antony Blinken non hanno fornito alcun avallo ufficiale alla “speaker” della Camera.

Guai con Russia e Turchia in un colpo solo

A questo punto la sua visita rischia di irritare tanto i russi che considerano comunque l’Armenia inserita nella loro sfera d’influenza, quanto i turchi che hanno un solido rapporto di alleanza con gli azeri, a loro affini per lingua e cultura. Decisivi sono per esempio i droni forniti in abbondanza dalla Turchia agli azeri (droni che gli armeni, invece, non possiedono).
Ovvio che per Biden il viaggio di Pelosi non è una buona notizia. Già impegnato con la Federazione Russa in Ucraina, e con la Cina a Taiwan, il presidente americano può difficilmente affrontare una crisi anche nella regione caucasica.

Altri problemi per Putin

Ma non è tutto. La debolezza russa e della CSTO sta facendo riemergere conflitti mai sopiti tra altre Repubbliche ex sovietiche. Si sono per esempio verificati scontri di frontiera anche tra Kirghizistan e Tagikistan, altra area da cui i russi stanno ritirando truppe. Problemi pure in Georgia, che potrebbe approfittare dell’attuale debolezza russa per riprendere il controllo dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud, piccole repubbliche diventate autonome grazie all’appoggio, anche militare, di Mosca.
Lo scenario che Putin si trova di fronte è quindi assai complicato. Rischia di veder svanire l’influenza russa – consolidata in epoca sovietica – in una regione strategica cui anche la Cina guarda con grande attenzione, e non ha possibilità di manovra finché prosegue la guerra in Ucraina.

 

Articolo di Michele Marsonet, dalla Redazione di

19 Settembre 2022