GIORNATA NAZIONALE DEGLI OPERATORI SANITARI…O DELL’IPOCRISIA?

DI ANTONELLA PAVASILI

 

La mia famiglia il Covid l’ha conosciuto, l’ha visto da vicino.
Era agosto e si sono contagiati alcuni dei miei nipoti e anche la zia Rosa.
La zia Rosa ha festeggiato i suoi 85 anni col Covid.
Le abbiamo fatto recapitare una torta e lei, in video chiamata, ha spento le candeline in terrazzo.
Tutti noi, giù in strada, le abbiamo cantato “Tanti auguri a te… “
Qualche giorno prima non saturava bene e abbiamo chiamato l’ambulanza.
I medici e gli operatori bardati in tenuta anti Covid, nel feroce caldo di un agosto siciliano, le hanno prestato cure e soccorso.
Io, fuori in strada, a distanza di sicurezza, ho provato a trovare le parole giuste per ringraziarli.
Ma non credo di esserci riuscita.
Come di certo non siamo riusciti a trovare le parole giuste per ringraziare quell’infermiere di un ospedale di Messina che quando era ricoverata la suocera di mia sorella, faceva le videochiamate e le faceva salutare i nipotini.
Lei sembrava sperduta in quel letto d’ospedale, tra maschere, fili, ossigeno e sofferenza.
Ma quando vedeva i nipotini si rianimava e tornava a combattere.
E alla fine ha vinto la sua battaglia.
Anche grazie a quell’infermiere.
E ci sono stati i mesi dell’inferno.
Quelli in cui sentivamo i miei cugini infermieri.
Distrutti dalla fatica e annientati dal dolore.
Mia cugina Alessandra non ha visto né abbracciato la figlioletta di 5 anni per settimane.
Ma ha fatto il suo dovere.
E neanche per ringraziare lei sono riuscita a trovare le parole giuste.
E poi è arrivato il tempo in cui tutti siamo diventati esperti.
Ci siamo tutti laureati in virologia all’università di internet e abbiamo cominciato a massacrarli questi angeli.
Senza pietà.
Dall’alto del pericolo scampato, dall’alto della nostra presunta superiorità.
Quello è ignorante, quell’altro ha sbagliato, sono asserviti ai fantomatici “poteri forti”, figli del sistema e così via.
E le parole per ringraziarli non le abbiamo nemmeno più cercate.
Perché loro, i nostri angeli dei giorni del terrore, sono diventati i nemici.
Da combattere e da sconfiggere.
Adesso abbiamo altre priorità.
Tipo il colore delle mascherine, il modello, la marca.
E abbiamo dimenticato quando per trovare una mascherina bisognava pagarla a peso d’oro e loro, i nostri angeli, affrontavano il nemico a mani nude, abbassavano le palpebre ai morti e tenevano la mano ai moribondi promettendo loro che avrebbero portato il loro saluto ai parenti.
E oggi, 20 febbraio, è la giornata nazionale per celebrare il loro impegno.
E ancora una volta non riesco a trovare le parole giuste per dir loro “grazie”.
E nemmeno le parole giuste per dir loro “scusate”.
Scusate la nostra arroganza, la nostra presunta superiorità, la nostra memoria corta.
Scusate la nostra ipocrisia soprattutto.
Ci provo lo stesso, con due sole parole.
Grazie angeli, scusateci.