IL CASO NAVALNY

DI ALBERTO BENZONI


Navalny è stato avvelenato. Su questo non c’è dubbio. Ma è sopravvissuto all’attentato. Di più, benché debilitato, ha conservato intatte le sue facoltà intellettuali, la sua combattività e il suo ottimismo; al punto di proporsi di ritornare al più presto in Russia. “No problem” ha, per inciso, replicato il portavoce di Putin.
Questi i dati certi. Pochi, forse; ma quanto basta per porsi un duplice interrogativo: “chi ha ordinato l’attentato? E a quale scopo?”
In Occidente puntano tutti il dito contro Putin; anche, se non soprattutto, perché il Nostro si rifiuta di rispondere alle richieste, giustamente pressanti, di chiarimento che gli vengono da ogni parte. Pure, alla luce dei fatti, questa ipotesi non è affatto convincente. E per diverse ragioni.
La prima è politica. Perché lo zar avrebbe dovuto eliminare Navalny, o magari, visti gli esiti, mandargli un avvertimento? E’ vero: per i media e i politici occidentali, il blogger russo era l’Oppositore di riferimento. Ma non era certo l’unico e, soprattutto, il più pericoloso agli occhi del Potere; in un contesto in cui il suo semplice fermo sarebbe finito in prima pagina sui giornali europei. Perché, allora, attentare alla sua vita nella certezza di dovere subire nuove sanzioni e magari anche il blocco dei lavori per il North stream?
In secondo luogo l’attentato stesso è stato condotto come peggio non si poteva; con una gestione successiva senza capo né coda.
Di veleni a disposizione ce n’erano tanti; e magari qualcuno di loro non lasciava tracce. E invece, no; si usa un veleno fatto solo in Russia e a disposizione solo di “chi di dovere”. E, magari dopo avere sbagliato la dose, lo si lascia lì in albergo e per giorni e giorni, disposizione del più dilettante degli investigatori; mancava solo il nome e il numero di matricola dell’attentatore…

Ancora più assurde le mosse successive. La breve sosta in un ospedale russo; dove si dichiara “urbi et orbi” di non aver trovato tracce di veleno e si attribuisce il danno alla costituzione o al modo vivere della vittima. Un’affermazione che, se vera, avrebbe dovuto consentire anzi promuovere un’immediata verifica da parte di terzi; mentre se, ovviamente, falsa avrebbe dovuto sconsigliare il trasferimento in Germania.
Da questo punto in poi il Cremlino ha perso completamente il controllo della situazione. Chiudendosi in un silenzio ostile e pregiudizievole. Correttamente interpretato come impossibilità di offrire una qualsivoglia spiegazione. Scelta che potrebbe riflettere una volontà di chiusura, a scapito di fondamentali interessi politici ed economici (difficile pensarlo) oppure, appunto, incapacità di illustrare le ragioni di un evento posto in atto da altri.
A favore di questa seconda tesi due dati, secondo me, decisivi. Il primo è che Navalny è uscito sostanzialmente indenne, fisicamente e intellettualmente, da un veleno che, come ci è stato spiegato, avrebbe dovuto o ucciderlo o menomarlo gravemente. Uno sbaglio forse. Ma con maggiore probabilità, un avvertimento.
Ma, a questo punto, ecco il secondo dato, un avvertimento che non parte dal Cremlino. Se fosse stato così Navalny non l’avrebbe certo ignorato. Mentre, questo è un segnale non irrilevante, ha deciso di tornare in Russia; senza che il portavoce di Putin avesse nulla da obbiettare.
Un avvertimento da parte di chi, allora? L’occidente? Oppure un auto avvertimento? Anche per chi fosse affetto da complottismo – e chi scrive non lo è – la cosa apparirebbe inverosimile.
Impossibile che agenti Nato abbiano aggiunto il veleno dopo l’arrivo di Navalny in Germania. Perché sarebbero immediatamente sbugiardati da Mosca. Impossibile che il Nostro si sia avvelenato da solo; non foss’altro perché non poteva disporre della materia prima…
E allora tutto punta, concordemente, verso quella parte del potere russo che punta alla chiusura verso occidente e all’alleanza generale con la Cina,con annesso ripiegamento autoritario all’interno. Un gruppo in corsa per il dopo Putin. Non così forte da vincere il confronto con i modernizzatori internazionalisti; ma abbastanza forte da non potere essere preso di petto e denunciato apertamente. Anche per le notevoli possibilità di ricatto di cui può disporre.
Questa, almeno, è l’unica spiegazione razionalmente credibile. Per le altre, bisognerebbe mettere in campo la follia.