ALESSANDRO BARBERO, QUANDO LA STORIA DIVENTA “POP”

Di ALBERTO EVANGELISTI

Per la maggior parte delle persone, fra i ricordi più interessanti degli anni scolastici, con grande probabilità non sono inserite le ore di storia: estenuanti ed infiniti momenti in cui ci si ritrovava intenti ad ascoltare il professore o leggere il libro di testo, cercando di ricordare date, eventi, posti, battaglie, che spesso finivano per essere null’altro che un un ammasso indistinguibile nella memoria di poveri studenti annaspanti fra “Guelfi e Ghibellini”, o nel tentativo di ricordare gli schieramenti della Guerra dei trent’anni.

Eppure, nella classifica dei personaggi che più stanno ottenendo successo mediatico, spunta proprio il nome di uno storico, per la precisione un medievista, professore all’Università del Piemonte orientale: Alessandro Barbero.

In parte, l’enorme conoscibilità a cui il personaggio è giunto è certamente collegata alla collaborazione ormai fissa con Piero Angela e alle partecipazioni al suo programma, Super Quark. Tuttavia, limitare le cause della popolarità di Barbero al fatto di aver prestato il volto al piccolo schermo, sarebbe estremamente riduttivo.

Barbero ha ormai una propria “comunità di follower”, un canale podcast “non ufficiale”, che tuttavia risulta fra i più seguiti della propria categoria in diverse piattaforme, video che spopolano su YouTube con numeri da fare invidia a gran parte degli influencer o presunti tali, peraltro su argomenti che difficilmente sarebbe immaginabile collegare al concetto di “popolare”  e perfino imitatori che ne consacrano, se mai ce ne fosse bisogno, l’autorità e l’autorevolezza, perché si sa: il segno di essere ormai noti al grande pubblico è proprio avere chi ti imita.

Ci si potrebbe quindi chiedere cosa possa mai fare il Professor Barbero per attirare questa marea di persone e la risposta è quanto mai banalmente semplice: parla di storia. Tuttavia, lo fa in maniera tanto competente e facile al tempo stesso, da trasformare con ogni sua conferenza o intervento la storia, in una storia.

Piu concretamente, Alessandro Barbero ha l’indiscutibile pregio di essere contemporaneamente uno storico competente ed un narratore avvincente, perfino peculiare nel modi di raccontare, nella cadenza piemontese, nella esaltazione vocale dei momenti salienti dei propri racconti. Tutto ciò lo rende di fatto un incrocio non così facile da trovare.

All’attivo, oltre alla cattedra da medievista all’Università, un catalogo imponente di pubblicazioni a carattere sia scientifico che divulgativo, che vanno dalla vita di Carlo Magno, all’imperatore Costantino a, più di recente, la disfatta di Caporetto: libri scritti con precisione da storico ma per la divulgazione alle masse. Nel palmarese, anche una carriera da romanziere, iniziata con la vittoria del premio Strega nel 1996 con il libro “Bella vita e guerre altrui di Mr Pyle, gentiluomo”, in cui racconta l’epoca napoleonica con gli occhi di un testimone del tempo.

L’attività divulgativa o di romanziere, tuttavia, seppur ovviamente maggiormente nota ai più, non assume carattere di priorità: è lo stesso Barbero, in più di un intervento, a spiegare come il lavoro “vero” dello storico sia quello di ricerca, contornato dalla pubblicazione di testi a carattere scientifico che difficilmente potrebbero essere trovati appetibili al grande pubblico. Ciò non toglie che la storia evidentemente sia materia in grado di appassionare e suscitare grande interesse. Dell’esistenza di questo settore di mercato si erano già accorti in diversi, tanto da spingere giornalisti come Montanelli, a  dedicare tempo alla scrittura di testi storici di carattere generalista e, per così dire, alla portata di tutti.

Queste pubblicazioni, che da un lato hanno certamente il pregio di aver avvicinato la storia ai più, soffrono tuttavia del limite di essere scritte da soggetti che della storia avevano talvolta conoscenze non ferratissime.

Alessandro Barbero, invece, consente con i suoi testo e, più ancora con gli interventi ai numerosi eventi a cui è invitato, di superare questo limite, permettendo a ciascuno di noi, anche a coloro (come il sottoscritto) che hanno un bel ricordo della storia fatta a scuola, di vedere con occhi nuovi fatti di cui si hanno ricordi scolastici, il tutto in maniera avvincente, spesso ritrovandosi a scoprire come errate convinzioni depositate da sempre nei cassetti della nostra conoscenza.

In un periodo in cui il termine “fake news” ha valenza quotidiana, ad esempio, con il Professor Barbero “scopriamo” come alcune concetti profondamente radicati nell’immaginario collettivo, specialmente riguardanti il Medioevo, siano null’altro che vere e proprie falsità: i tre esempi più noti, spesso citati proprio dal Professore (e oggetto di tre distinte conferenze al Festival della Mente di Sarzana), sono lo ius prime noctis, la convinzione che la terra sia piatta e la convinzione che intorno all’anno mille si fosse sparsa la paura per una imminente fine del mondo. Tutti e tre dogmi largamente presenti tanto nei ricordi scolastici di ciascuno di noi, quanto nelle rappresentazioni comunemente offerte in romanzi e film del medioevo, eppure inesorabilmente false.

E’ probabilmente anche questa una delle chiavi di lettura del successo del professor Barbero: l’azione di debunking, per una volta applicata alla storia, capace di appassionare, episodio dopo episodio, conferenza dopo conferenza, che si parli delle cause scatenanti della rivoluzione francese, o della battaglia di Waterloo, delle guerre d’indipendenza risorgimentali o delle rivolte contadine in epoca medievale,  in un racconto in grado di rendere chiari i molti volti del passato.

Non mancano peraltro gli immancabili legami fra passato e presente, su cui è lo stesso professore ad invitare ad una lettura critica, evitando automatismi in parallelismi azzardati, ma che non possono non suscitare interesse e suggestione. Ecco quindi le immancabili riflessioni sullo stato della democrazia attuale partendo dalle esperienze ateniesi, oppure alcune interessanti analisi su immigrazione, pregiudizi ed integrazione partendo derivanti da quanto accaduto in epoca di impero romano, o ancora valutazioni sul carattere degli italiani a valle delle esperienze che la storia ci lascia in eredità, fra vittorie militari (poche) ed esperienze politiche innovative (molte di più).

In sostanza, il grande merito da attribuire ad Alessandro Barbero lo si può riassumere in questo: in un mondo in cui troppo spesso l’attribuzione di “pop” a qualcosa, è la conseguenza di un inevitabile ridimensionamento di portata intellettuale, la storia, con Barbero, riesce a ricavarsi un ruolo popolare senza nulla cedere sul piano dell’autorevolezza o fare concessioni facili al populismo.