PROVARE A SPIEGARE UNA CRISI COMPLICATA DA CAPIRE

ALBERTO EVANGELISTI

Oggi sembra una giornata decisiva, l’ennesima, per il secondo Governo Conte e la chiave di lettura più banale, e che più spesso si legge, è semplice: Renzi, magari per ottener qualche vantaggio personale o di posizionamento politico, vuole aprire la crisi di Governo. Sui perché non ci si interroga molto, in fondo il personaggio “Matteo Renzi” ha ormai una nomea tale, da giustificare benissimo qualsiasi azione senza porsi troppe domande: una sorta di versione politica del “pazzo solitario” che fa cose anche contro il proprio interesse.
Ovviamente le cose sono, come sempre, molto più complesse e la situazione nasce da concause stratificate su diversi livelli che, insieme anche se con impatto ponderato differente, hanno portato l’Esecutivo italiano oggi, sull’orlo di una crisi difficile da spiegare e certamente non priva di rischi legati alla situazione economica e sanitaria contingente ma di cui Renzi non è certo il mandante, semmai il mero esecutore materiale.
Il primo aspetto da valutare è quello del peso specifico che Italia Viva ha oggi, in rapporto a quello che potrà avere in futuro. Pare lapalissiano che il progetto politico “Italia Viva” si stia rivelando, sotto il punto di vista dei consensi, decisamente fallimentare e non si vedono possibili inversioni di tendenza a breve, tanto che quella massa critica attorno al 10%, obiettivo iniziale di Renzi, pare oggi un miraggio. Si potrebbe dire che è il classico destino politico degli scissionisti nella politica italiana, immersa in un elettorato che tendenzialmente premia sempre i partiti maggioritari, più o meno sulla falsa riga di quanto già accaduto a Fini, Bersani & Co. Ad aggravare le difficoltà di IV ci ha pensato inoltre la carta “imprevisto” Covid, estratta la quale si è assistito ad una progressiva sempre maggiore esposizione di Conte, attorno al quale, nel bene e nel male, si sono polarizzate le istanze della nazione, eliminando di fatto la possibilità per Renzi di giocare la carta che preferisce: quella dell’esposizione mediatica.
In questo quadro, si è inserita la strategia di Zingaretti tesa a rafforzare, anche in chiave elettorale e per le prossime politiche, il rapporto esclusivo con i 5 Stelle, preannunciando con amplio anticipo a Renzi e ai suoi il prossimo sfratto dalla coalizione. La cosa è stata un pò come dire a Renzi:” Goditi questi ultimi mesi perché dal prossimo turno per te non ci sarà posto”. Non esattamente un messaggio foriero di stabilità politica, cha ha nei fatti trasformato IV in una formazione da un lato probabilmente decisiva per i numeri al Senato, dall’altra con nulla da perdere, a meno che non si consideri come obiettivo la mera sopravvivenza d qualche mese, roba comunque da poco se ci si ricorda che tutto questo avviene alla vigilia della più cospicua gestione di fondi da spendere dai tempi del piano Marshall.
Su questo piano, meramente tattico ed interno, si somma quello strategico ed internazionale. Non è certo un caso che i toni della crisi si siano via via inaspriti a far data dalla notte elettorale statunitense che ha sancito la vittoria di Biden su Trump: la stampa statunitense da allora ha spesso avvicinato Conte a Trump e, anche se oggettivamente il presidente del consiglio non sia fra i principali attivisti trumpiani, almeno sulla base delle dichiarazioni, la famosa questione dell’incontro di Mike Pompeo, in missione per il presidente, con i servizi segreti italiani alla ricerca di informazioni sul Russia gate, pesa fortemente sui rapporti con la nuova amministrazione statunitense. Basti ricordare che Trump nei mesi ha cercato in giro per il mondo anche elementi per accusare il figlio del prossimo Presidente per capire quanto difficoltosi possano essere adesso i legami con chi questi ritiene essere stato in qualche modo connivente con l’operazione di trump.
In questo senso, Renzi rappresenterebbe l’elemento di disturbo perfetto: da sempre gelido nei rapporti con un Governo che, si, ha fatto nascere tirandolo fuori dal cilindro contro la volontà iniziale dei due partiti maggioritari, ma che poi non ha potuto cavalcare quanto avrebbe sperato e, contemporaneamente senza dubbio l’esponente politico italiano più vicino Biden. Da qui l’intento, sempre più evidente man mano che passano i giorni, da parte di renzi non di ottenere un rimpasto, ma di far definitivamente fuori Conte.
Va peraltro capito che l’idea di estromettere l’attuale presidente del Consiglio non dispiace nemmeno al PD e, anche se in misura minore, ai 5 Stelle: Conte si è fino ad oggi mostrato come uomo estraneo ai due partiti, concentrando su di se l’attenzione e la critica dell’opinione pubblica. In chiave elettorale questa è una situazione che il PD e i 5 Stelle non possono tollerare ancora a lungo, soprattutto quando, sondaggi alla mano, vedono che un partito del presidente del Consiglio, finirebbe per drenare almeno il 10% di consensi proprio a loro. In quest’ottica, l’opera di Renzi “guastatore