L’ABORTO FARMACOLOGICO È ARRIVATO A UN PUNTO DI SVOLTA DEFINITIVO

DI FERNANDA TANZILLO,

Pubblicato il 13 agosto, le nuove linee guida sull’interruzione di gravidanza con l’assunzione della Ru486, la pillola abortiva. Da ora in poi, le nuove disposizioni annullano l’obbligo di ricovero fino alla fine del percorso assistenziale e allungano il periodo in cui si può ricorrere al farmaco alla nona settimana di gravidanza.

Nel documento, pubblicato sul sito del ministero, il Consiglio Superiore di Sanità ha espresso parere favorevole al ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza con metodo farmacologico: «Fino a 63 giorni pari a 9 settimane compiute di età gestazionale; presso strutture ambulatoriali pubbliche adeguatamente attrezzate, funzionalmente collegate all’ospedale ed autorizzate dalla Regione, nonché consultori, oppure day hospital».

«Queste nuove linee guida sono un passo avanti importante e rispettano pienamente il senso della legge 194 che è e resta una norma di civiltà del nostro Paese», aveva detto la scorsa settimana il ministro Speranza che sin da subito ha supportato la causa. Le nuove linee guida accolgono dunque il parere del Consiglio Superiore di Sanità pubblicato lo scorso 4 agosto, e raccomandano anche «di effettuare il monitoraggio continuo ed approfondito delle procedure di interruzione volontaria di gravidanza con l’utilizzo di farmaci, avendo riguardo, in particolare, agli effetti collaterali conseguenti all’estensione del periodo in cui è consentito il trattamento in questione».

La legge 194 – considerata una delle migliori leggi europee sulla interruzione di gravidanza – è stata sempre applicata, ma ha dovuto sopportare le gravi difficoltà create dal fatto che essa prevede la possibilità della obiezione di coscienza: una possibilità di cui si è avvalsa e si avvale una percentuale altissima di ginecologi, che in alcune regioni del Sud supera l’80%.

Una scelta dettata talvolta da sincere convinzioni religiose, ma più spesso da considerazioni di opportunità e di carriera.

Nella Carta delle finalità della Scuola di specializzazione in Ostetricia e Ginecologia del Campus biomedico di Roma (Opus Dei) si definisce “crimine” l’interruzione volontaria della gravidanza e si impone a studenti e frequentatori l’obiezione di coscienza, in aperto contrasto con la legge 194 del 1975 che rese possibile l’aborto in Italia: una legge approvata dal Parlamento e “convalidata” nel maggio del 1978 – in occasione del referendum abrogativo promosso dal mondo clericale – dal 68% dei votanti.

L’aborto è una scelta personale, sofferta, e va rispettata.