VERITA’ PER LE STRAGI, UN DEBITO DELLO STATO LUNGO 50 ANNI E PIU’

DI VINCENZO G. PALIOTTI

Due giorni fa ricordavamo la strage alla stazione di Bologna, 85 morti e più di 200 feriti, cittadini innocenti tra donne uomini e bambini. Oggi ricordiamo quella dell’Italicus, 4 Agosto 1974, 12 morti, 48 feriti altrettanto innocenti. Su entrambe le stragi la mano di chi voleva destabilizzare il Paese, una mano che non si è mai distaccata dal suo nefasto passato, una mano non contenta di aver provocato la distruzione del Paese e di intere generazioni gettate in una guerra assurda, una guerra che doveva a sentire il regime di allora, il fascismo, ridare all’Italia il suo posto tra le grandi potenze, sapendo che ciò era impossibile per mezzi e preparazione militare ed economica, un crimine assoluto. Di queste stragi, come di altre che lo Stato celebra puntualmente, conosciamo solo gli esecutori ma manca il “meglio”, mancano i mandanti a distanza di anni, segno è che quel crimine che fu ed è il fascismo, si annida ancora tra di noi, che partecipa, a modo suo, alla vita del paese cercando viscidamente di mettersi in contrapposizione con i principi che hanno fatto nascere la Repubblica Italiana, nata dalla lotta al fascismo, nata quindi antifascista. Acclarato che non l’avranno mai vinta, è necessario però che si faccia luce, anche a distanza di anni, su tutto quanto è avvolto nel mistero, decretando quei segreti che un vero stato democratico non deve occultare perché il sospetto che parte di quei mandanti girano ancora indisturbati è reale soprattutto in questo momento difficile che il Paese sta attraversando e una certa politica si sta riaffacciando cercando di fare, con i mezzi moderni e per il momento non cruenti ma violenti nella forma e nella comunicazione, ciò che non è riuscita a fare con la violenza, con i morti, la destabilizzazione cioè dello Stato democratico. Resti quindi alta la vigilanza, e soprattutto si faccia finalmente luce su queste stragi, e su tutte le altre, per onorare e dare giustizia a chi, innocente, ha perso il suo bene supremo: la vita. Lo Stato democratico glielo deve.