“AMORE MIO, ERI LA GIOIA DELLA CASA”

DI FRANCESCA LAGATTA

 

E giù, la zia della piccola Ginevra crolla a terra, senza forze, in preda a quale dolore che sembra apriti il petto e strapparti il cuore.
Lo fa davanti a quella bara bianca così piccola da non sembra neppure vera.
Intorno tutti piangono e si disperano. Persino i giornalisti che stanno riprendendo la scena.
Chi ha conosciuto la piccola Ginevra piange la sua assenza, chi ha conosciuto la sua storia negli ultimi giorni piange di rabbia.
Ginevra poteva essere nostra figlia, nostra nipote, nostre sorella.
Verrebbe voglia di sbattere la testa al muro per non pensare.
I due genitori, distrutti, sono assenti perché positivi e isolati nella loro casa che da qualche giorno non ha più né suoni né colori.
Il sindaco che parla affranto con un filo di voce e dice coraggiosamente: siamo tutti colpevoli.
Ma non basta, sindaco. Non basta.
Ginevra non tornerà indietro e per la prossima vittima è solo questione di tempo.
Questa è una regione senza anima, sventrata, umiliata, depredata, calpestata, violentata, derisa, abusata.
In questa terra non ci è permesso nemmeno sperare.
“Dove li portate i vostri figli quando si sentono male? “, ha chiesto un collega venuto dal nord a una donna che assisteva alla cerimonia. “Al cimitero”, ha risposto secca, indicando il carro funebre.
Questo è diventata la Calabria, o forse lo è sempre stata e ce ne siamo accorti troppo tardi.
Un abbraccio alla mamma e al papà di Ginevra, a chi l’ha amata e a chi sarà costretto ad amarla soltanto nei ricordi.
Se esiste un dio, un giorno pagherete tutto.