DI ALFREDO FACCHINI
Meglio tardi che mai? No
Prima pagina de La Repubblica 7/6/25
Con sguardo contrito, qualcuno nei palazzi che contano e nelle redazioni ben pettinate si è finalmente accorto che, a Gaza, forse qualcosa non torna.
Forse – dicono ora – bombardare ospedali, sterminare famiglie intere, lasciare i bambini senz’acqua e i medici senza medicine non rientra proprio nel perimetro della “difesa legittima”. Che rivelazione.
Che acume. Ci hanno messo 19 mesi. Diciannove. Nel frattempo, decine di migliaia di morti, le fosse comuni di Khan Younis, le scuole dell’UNRWA sventrate, i giornalisti ammazzati uno per uno. E adesso, eccoli: si riposizionano.
I partiti:
quelli che prima balbettavano “equidistanza”, che condannavano le manifestazioni pro Palestina come “inopportune”, oggi scoprono l’umanità.
I media:
quelli che oscuravano le stragi, tagliavano i video, censuravano i nomi dei bambini morti, oggi pubblicano lunghi reportage su Rafah. Come se niente fosse. Come se non fosse tardi. Come se noi non avessimo memoria.
Meglio tardi che mai?. No.
Il cinismo non si lava con una mozione parlamentare o con tre minuti di indignazione da Floris. Il silenzio gridato dei mesi scorsi resta una macchia indelebile.
Chi ora si riposiziona non ha cambiato idea: ha solo fiutato il vento. Un vento che ha cominciato a soffiare quando i sondaggi hanno detto che l’opinione pubblica, a forza di vedere bambini dilaniati e città ridotte in polvere, ha iniziato a storcere il naso.
Non è empatia, è marketing politico.
Non è risveglio morale, è gestione del consenso.
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Alfredo Facchini