Le leggi razziali

DI ALFREDO FACCHINI

Alfredo Facchini

 

Le leggi razziali

Donald Trump affonda un altro colpo: via gli stranieri da Harvard. Con un decreto annunciato dal Dipartimento per la Sicurezza Nazionale, l’amministrazione americana cancella il diritto degli studenti internazionali di restare negli Stati Uniti. O si trasferiscono altrove, o perdono lo status legale. È l’ultimo colpo a un’istituzione che Trump ha già spolpato di miliardi in finanziamenti. Ora l’attacco si fa ideologico: Harvard è accusata di aver trasformato il campus in un “ambiente universitario non sicuro”, legittimando – secondo Washington – aggressioni fisiche, molestie e intimidazioni nei confronti di studenti ebrei.

Nel mirino, un mix esplosivo di accuse:

Complicità con “agitatori antiamericani”, simpatie “filo-terroriste”, e addirittura sospetti rapporti con il Partito Comunista Cinese.
Una retorica che mescola antisemitismo rovesciato, anticomunismo da Guerra Fredda e una versione distorta della “lotta al terrorismo”. Una sceneggiatura dove il potere bianco, anglosassone, americano, è assediato da forze esterne – stranieri, attivisti, musulmani, cinesi, comunisti, “filo-terroristi”.

Strategia suprematista, logica pari alle “leggi razziali”

Il provvedimento di Trump contro Harvard si inserisce in una strategia suprematista che ricalca pericolosamente la logica delle leggi razziali: identificare un nemico interno, costruirgli attorno un impianto retorico accusatorio, e poi privarlo sistematicamente di diritti e accesso. Qui si colpisce una categoria: gli studenti stranieri, accusati implicitamente – in quanto tali – di essere potenziali minacce.
Il risultato è un atto di esclusione razzista, che criminalizza l’istruzione, la ricerca, il dissenso e la pluralità culturale.

“La minoranza bianca perseguitata”

È qui che l’analogia con le leggi razziali si fa inquietante: anche allora si cominciò da misure amministrative, per poi arrivare all’emarginazione, alla persecuzione, alla cancellazione. Lo stesso schema — separare, colpevolizzare, proteggere il privilegio — riappare, sotto altre forme, nel recentissimo incontro con il presidente del Sudafrica. Qui Trump rilancia la narrazione tossica della “minoranza bianca perseguitata”, un classico della propaganda suprematista. Nessun cenno alla storia, all’apartheid, alle disuguaglianze strutturali. Solo vittimismo selettivo, condito da foto false usate per alimentare paura e rancore.
Il suprematismo trumpiano non brucia più croci: firma decreti, convoca conferenze stampa, agisce per via legale. È istituzionale, mimetizzato nel potere. Ma la logica è la stessa: difendere il dominio bianco, conservatore, cristiano, occidentale.
Con le leggi, se bastano. Con la forza, se serve.
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Alfredo Facchini