DI MARIO PIAZZA
Chef Rubio, diciamocelo, ha fatto di tutto per dare di sé l’immagine di un “tipaccio”. Fisico da rugbista coperto di tatuaggi, trasandato ai limite del sopportabile e quel romanesco greve che fa sorridere pure i peggiori coatti di Torbella. E’ uno di quei clichè che funzionano, quell’anticonformismo di facciata il più possibile divisivo che dall’altra parte della barricata sta decretando il successo di un generaletto che neppure sa cucinare.
Però il generaletto dai suoi avversari raccoglie solo critiche, contestazioni, insulti verbali e camionate di disprezzo. Nessuno si sogna di spedire una squadraccia di picchiatori davanti a casa sua per massacrarlo di botte, pugni e mattonate che avrebbero ucciso la maggior parte delle persone.
Se il tasso di radicalità delle dichiarazioni di Chef Rubio non è diverso da quello del generaletto, diversi devono essere i suoi avversari e le protezioni di cui sanno di poter godere. Si possono insultare e sbeffeggiare i neri, i musulmani e gli omosessuali ma toccare l’Ebraismo può risultare molto pericoloso e a dimostrarlo non sono soltanto quella mezza dozzina di squadristi vigliacchi.
Fanno rabbrividire più dei pugni e delle mattonate le parole di Riccardo Pacifici, ex presidente della comunità ebraica romana, prima in occasione dei disordini pro-Israele a Milano “…finalmente smetteremo di dire che gli ebrei sono vittime, che non si difendono, che possono essere colpiti impunemente” ma ancora peggio ieri dopo il pestaggio di Rubio ”Dovrà rispondere per gli attacchi alla comunità ebraica” che a me suona sinistramente come un avallo politico allo squadrismo.
Attenti ragazzi, chi semina vento…
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Mario Piazza