“SOSTIENE PEREIRA”

DI GIANCARLO SELMI

Giancarlo Selmi

 

“Se l’ignoranza fosse un vuoto sarebbe facile riempirlo di cose, di cultura, di civiltà. Ma l’ignoranza, caro mio, è un pieno. E’ un muro, e i muri si possono solo abbattere. Oppure scavalcare”.
Un magnifico dialogo contenuto in un meraviglioso libro: “Sostiene Pereira” scritto da Antonio Tabucchi nel 1994.
L’ignoranza, purtroppo, è uno dei mali del nostro tempo.
Male che la televisione, l’assenza di lettura, una scuola sempre più dequalificata, il conformismo, i sempre più crescenti individualismo ed egoismo, hanno contribuito ad aggravare. Moltissimi leggono senza capire il contenuto di ciò che leggono. Si fermano alle prime tre righe di un testo scritto e pensano di averne capito il complessivo senso e contenuto. Tanto sicuri di averlo fatto, da sentirsi in grado, e in dovere, di commentare.
I social hanno amplificato questa cattiva attitudine e così, sotto a ogni cosa che si scrive, si trovano commenti che con ciò che si è scritto c’entrano veramente poco, o ne sono addirittura opposti.
Su questa base è normale che l’esercizio del voto, per tantissimi, sia, quando lo si sfrutta, un esercizio a metà. La “gente”, quella tanto richiamata nei talk show, vede la copertina patinata e non il contenuto del libro. Tifa per la copertina e non conosce, infine, quali siano i suoi reali interessi. Non riuscendo a capire neppure quale parte politica, quegli interessi, difenda veramente. E’ il caso dei lavoratori poveri che votano per chi non vuole il salario minimo, per esempio. E non succede solo in Italia. Vedi il caso Argentina con Milei. Tutti i regimi del mondo, anche quelli cosiddetti “democratici” come il nostro, da tempo hanno capito che la scuola più è formativa e di livello alto, più rappresenta un pericolo per gli establishment.
Ho scritto un post, due giorni fa, asserendo che chiunque avesse un’azienda, tanto più se importante, non l’affiderebbe a una cameriera, seppur qualificata. E non affiderebbe il destino di una regione a uno che fa bagnare l’Abruzzo da tre mari, compreso lo Jonio. Qualcuno mi ha accusato di aver fatto un post classista. Non è così, ovviamente. Mia madre, per mandarmi a scuola, ha fatto la cameriera. Io ero e lo sono ancora, orgoglioso. Non ho nulla contro le cameriere. Ritengo solo che per progettare un ponte bisognerebbe chiamare un ingegnere e non un operatore ecologico, con tutto il rispetto per la categoria. Bisognerebbe chiamare un ingegnere e pure dotato di titoli ed esami adeguati. Un altro mi ha fatto l’esempio di Rana che non volle studiare. Ok. Ma sapeva fare i tortellini e quello ha continuato a fare. E nella costruzione del suo impero ha chiamato, ad aiutarlo, fior di manager.
Gira molto questa strana teoria del “si è fatto da solo”. Come se la laurea all’università della strada fosse più valida di un titolo accademico o un dottorato in ricerca. E’ pericoloso. Soprattutto in un paese, il nostro, dove l’ascensore sociale è pressoché inesistente e i figli dei ricchi partono in vantaggio. Non c’è nulla di più classista di una scuola dequalificata e non selettiva. Solo la scuola può creare in Italia le condizioni del “sogno americano”: anche il figlio di un lustrascarpe può diventare Presidente. Ed è interesse di tutti avere persone qualificate e con curricula importanti alla guida di un Paese. Non cameriere che sarebbero bravissime a gestire un B&B (sa pure parlare inglese) o tipi che non conoscono neppure la geografia del posto che vorrebbero governare.
Abruzzesi fatevi un favore e fateci sognare: andate a votare! Vogliamo un altro “riconteggio”.
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Vignette di Giannelli, a destra e di Mele.