NAVALNY, TRA MISTERI E ACCUSE RIDICOLE

DI ANTONELLO TOMANELLI

ANTONELLO TOMANELLI

Alexey Navalny è morto in circostanze misteriose. Il suo corpo giace nella camera mortuaria dell’ospedale distrettuale siberiano di Salekhard. Una morte improvvisa, a 47 anni, non può non generare sospetti. Questo è il motivo per cui le autorità russe temporeggiano nel restituire il corpo ai familiari.

In ogni paese civile, quando un carcerato, a maggior ragione se eccellente, muore in circostanze misteriose, le autorità di certo non lo riconsegnano subito ai familiari. Ma a quanto pare nel caso di Navalny questo è motivo di sorpresa. Ecco uno dei tanti casi dove saltano le regole della logica.

Meravigliarsi che le autorità russe abbiano trattenuto il corpo di Navalny di fronte ad una ipotesi di omicidio, non è serio. Come non sono serie le accuse della moglie di Navalny, che parla di «assassini che cercano di coprire le loro tracce». Cosa dovrebbero fare le autorità russe, secondo lei? Dirle prego signora ecco suo marito ma mi raccomando tratti bene il suo corpo perché c’è qualcosa di poco chiaro nella sua morte? Qui c’è mala fede, una evidente mala fede.

Nessuna autorità restituirebbe un corpo in una situazione del genere. Chiunque indagherebbe su un simile contesto. Dire che le autorità russe si rifiutano di consegnare il corpo di Navalny perché hanno qualcosa da nascondere, è pura congettura, semplice illazione, in parte derivante da rancore ideologico, in parte dalla ignoranza dei più elementari meccanismi istituzionali che vengono azionati di fronte ad una morte quanto meno sospetta.

Ma che è successo in quella sorta di gulag siberiano dove era rinchiuso Navalny?

Per ora si sa che si è sentito male tornando dall’ora d’aria. Rientrato in cella, sarebbe stato colto da violente convulsioni. Presenta un livido sul petto, segno di un massaggio cardiaco. Qualcuno avrebbe cercato di rianimarlo.

Se si tratta di veleno, chissà da dove proviene quindi. Però è ben strano che Putin abbia deciso di far fuori Navalny avvelenandolo mentre corre per la presidenza, con il voto a meno di un mese e con i sondaggi che lo danno in netto vantaggio. Questa morte sarebbe una buona pubblicità per Putin? Certamente no, a giudicare da come lo stanno crocifiggendo i media di mezzo mondo. Anche un idiota avrebbe aspettato un momento migliore, ammesso che uno come Navalny rappresentasse un pericolo effettivo.

Chi non poteva aspettare sono evidentemente quelli che vogliono vedere il presidente russo nella polvere. E quale migliore occasione delle imminenti elezioni presidenziali, per sferrargli un micidiale attacco utilizzando quella povera testa di ponte di Navalny per avvelenargli la campagna elettorale?

Che poi Navalny non fosse così limpido come lo descrivono, lo si deduce dai fatti. Condannato per frode ai danni della Rocher, una società francese di cosmetici che aveva affidato a lui e a suo fratello tonnellate di prodotti venduti perché li consegnassero in giro per la Russia, ma distratti da Navalny per intascarsi i relativi proventi. Si parla di una indebita appropriazione di circa mezzo milione di Euro.

Direzione di gruppi estremistici. Dal 2005 Navalny guidava la Marcia Russa, una manifestazione a cadenza annuale mai autorizzata, dove il numero delle icone naziste era di gran lunga superiore a quello dei partecipanti.

Ma dietro c’era una struttura, con i suoi scopi, primo fra tutti il reclutamento, anche tra minori. L’ordinamento russo non è benevolo con i neonazisti. Gli hanno dato l’equivalente della nostra associazione sovversiva, reato per cui in Italia in carcere ci sono finiti in decine di migliaia.

E tra i vari scoop di WikiLeaks, la struttura ideata da Assange, vi è una cospicua documentazione che svelerebbe i legami tra Navalny e alcune società di comodo riconducibili alla Cia.

Insomma, l’ipotesi è agghiacciante ma verosimile. Prima lo agganciano, poi lo foraggiano, quindi lo sfruttano e infine lo uccidono. Cosa già viste in passato, anche a casa nostra.