SEMPRE PIU’ IN BASSO, ORA TOCCA ALLE OLIMPIADI

DI ANTONELLO TOMANELLI

ANTONELLO TOMANELLI

Questa è la faccia di Anne Hidalgo, sindaca di Parigi, che durante una recente visita a Kiev ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Voglio dire agli atleti russi e bielorussi che non sono i benvenuti a Parigi; e agli atleti ucraini che li sosteniamo fortemente». Non male per la prima cittadina della capitale di un Paese fondatore della Comunità Europea, che si appresta ad ospitare i Giochi della XXXIII Olimpiade.

Alla Hidalgo dovrebbe essere imposta una lettura pubblica dell’art. 2 del Trattato sull’Unione Europea: «L’Unione si fonda sui valori […] comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà».

In realtà, l’autostrada per quelle dichiarazioni la Hildago se l’è vista spianare dal CIO, il Comitato Olimpico Internazionale, che per le prossime Olimpiadi non solo ha imposto agli atleti russi e bielorussi la bandiera neutra, ma ha anche vietato l’esecuzione dei loro inni, fino ad arrivare a escluderli dalla cerimonia di apertura. Cosa che ha fatto infuriare Mosca.

In aggiunta a ciò, il CIO ha limitato fortemente il numero degli atleti russi e bielorussi che potranno gareggiare nelle 48 discipline ammesse: 54 atleti per la Russia, 28 per la Bielorussia. Nelle ultime Olimpiadi, quelle di Tokio, avevano gareggiato 330 atleti russi e 104 bielorussi in 50 discipline.

Confrontiamo la decisione del CIO con quella che è considerata la Costituzione mondiale dello Sport, ossia la «Carta Olimpica». Il CIO sarebbe quell’organo che per l’art. 2 della stessa Carta Olimpica «agisce contro ogni forma di discriminazione che affetti il Movimento Olimpico». Per la Carta Olimpica, la discriminazione nello Sport rappresenta un morbo, che il CIO è tenuto a combattere e debellare.

E per l’art. 3 «ogni forma di discriminazione verso un Paese o una persona, sia essa di natura razziale, religiosa, politica, di sesso o altro è incompatibile con l’appartenenza al Movimento Olimpico». Insomma, l’atleta che discrimina non è degno di appartenere al mondo dello Sport.

Ed ecco il paradosso. Il CIO, che ha sempre guardato come il fumo negli occhi l’atleta che compie un gesto discriminatorio nei confronti di un collega, ad esempio rifiutando di stringergli la mano a causa della nazionalità, oggi crea una regola che attua una forma di discriminazione generalizzata nei confronti degli atleti di cittadinanza russa e bielorussa. Nonostante sia designato dalla Carta Olimpica come l’organo responsabile della lotta contro la discriminazione nel mondo dello Sport.

Il comportamento del CIO e le dichiarazioni pubbliche della Hildago rappresentano le proverbiali due facce della stessa medaglia. Il concetto di Stato di Diritto, che vuole ogni Stato e ogni sua istituzione subordinati alle leggi vigenti, ne esce demolito. E una fetta considerevole del nostro mondo sembra ormai determinata nel voler distruggere quei valori che essa stessa ha costruito, e fino a ieri custodito.