GIUSEPPE CONTE QUERELI MELONI

DI GIOACCHINO MUSUMECI

Gioacchino Musumeci

 

Il titolo ad effetto per significare che se Giuseppe Conte si ritiene diffamato dalla premier e carte alla mano lo è veramente, non dovrebbe limitare la questione al giurì d’onore ma dovrebbe uscire fuori dal compromesso perimetro istituzionale e portare la premier davanti a un giudice affinché si assuma responsabilità davanti alla legge.
Come previsto il giurì d’onore non è che una costola del governo, perciò non ci si può attendere un giudizio imparziale e basato sull’analisi documentale a cui si sono contrapposti gli scarabocchi della premier il cui valore ufficiale è semplicemente nullo.
E ‘ questa infatti la ragione per cui i deputati del Pd e di AVS, Stefano Vaccari e Filiberto Zaratti, hanno rassegnato le dimissioni da componenti del Giurì d’onore della Camera chiesto dal Giuseppe Conte dopo le parole della premier Meloni, a proposito della posizione presa dall’Italia sul Mes.
“E’ venuta meno la terzietà”, scrive l’esponente del Dem in una lettera indirizzata al presidente dell’organismo Giorgio Mulè.
“La ricostruzione documentale, l’unica che conta, non può essere oggetto di interpretazioni di parte”, spiega il deputato di Avs in una lettera al presidente della Camera, Lorenzo Fontana, in cui dà conto della decisione di lasciare il Giurì.
L’elemento di terzietà a cui fa riferimento l’articolo 111 della Costituzione unitamente all’imparzialità del giudice “garantiscono e tutelano la serenità, l’equilibrio, il distacco e l’indipendenza di giudizio del singolo giudice rispetto alle parti e all’oggetto della controversia.”
Se la ricostruzione documentale diventa secondaria a speculazioni di ordine politico è naturale che la controversia non trovi la soluzione dovuta e poiché il presidente Mulè non ha alcun argomento nel merito, il suo commento alle dimissioni di Vaccari e Zaratti è privo di significato: “Sono sorpreso e amareggiato per la decisione improvvisa degli onorevoli Vaccari e Zaratti…Mai in nessuna occasione e mai in nessuna forma vaccari e Zaratti avevano manifestato alcuna lagnanza…Al contrario avevano sempre manifestato spirito collaborativo e istituzionale nell’assolvimento dell’incarico ricevuto”.
A parte il Mulè “amareggiato” a cui sorridere pietosi, non v’è alcun riferimento alle ragioni delle dimissioni, c’è solo che prima di oggi i deputati erano stati collaborativi ma ciò sostanzialmente significa nulla, chiunque non voglia rendersi complice di una manovra politica in un contesto che dovrebbe astrarsi dalle preferenze di partito, evidentemente e giustamente se ne va. Per lo meno è garantito che un giurì senza due elementi non abbia alcuna autorità poiché si esprimerebbe solo la voce della maggioranza di governo, l’ultima a cui affidarsi nel giudizio delle parole infamanti espresse dalla premier.
Poiché il giurì d’onore ha fallito prima ancora di esprimersi, il ricorso alla magistratura ordinaria sarebbe il minimo indispensabile per dare continuità a un’azione che diversamente risulterebbe priva di significato. Oltretutto l’iniziativa concorrerebbe alla valutazione di quanto la maggioranza alla camera e senato desiderino un giudizio trasparente sulla questione sollevata da Conte. Se la Meloni non ha nulla da temerei parlamentari non potrebbero che assecondare a larga maggioranza anche l’intervento di un giudice piuttosto che di deputati di parte.
.
Potrebbe essere un'immagine raffigurante 3 persone