IL CASO DEPARDIEU (LA SERVA E’ LADRA, LA PADRONA CLEPTOMANE)

DI MATTEO FARNETI

REDAZIONE

 

E mi dispiace davvero buttarmi nell’ennesima polemica, perché io per primo adoro Depardieu, lo considero un attore straordinario. E allora?

I miei giudizi sulla vicenda non cambiano di una virgola. Quale che sia stata la sua vita, l’entità dei suoi successi e delle sue interpretazioni, rimane il fatto che molte donne (non si sa il numero preciso, perché le fonti sono imprecise (comunque più di dieci) lo accusano nell’ordine di volgarità, molestie e palpeggiamenti, avances oltre il consentito e infine anche di stupro.

Sono anni che queste storie si rincorrono senza sosta, alimentate dai media, dalla fame morbosa del pubblico ma anche da un bisogno di verità; una verità che può venire solo da un tribunale, partendo da quella presunzione di innocenza che è il pilastro di ogni vera, effettiva cultura giuridica. Basterebbe questo per fermarmi, e dire – che siano i giuristi a parlare; ma stavolta non posso, perché la questione si è fatta più complessa, e negli ultimi giorni, come sempre, sono scesi in campo i “pezzi da novanta” della cultura francese, i suoi galletti supremi, a cominciare dal Presidente Macron. Il succo dei loro discorsi è presto detto: “giù le mani da Depardieu! Nessuno tocchi il nostro Obelix! Lui è un grand’uomo, un immortale di Francia! Questo è un attacco all’Arte! La serva e’ ladra, la padrona cleptomane!” Discorsi così ridicoli che non andrebbero neanche commentati, ma forse vale la pena farlo, e per alcune buone ragioni.

La prima e’ che ci sono più di dieci donne che lo accusano: tutte arrampicatrici, mitomani, false vittime in cerca di notorietà? Difficile crederlo (Depardieu e’ stato pure registrato da France 2 mentre faceva commenti molto pesanti su delle ragazze). La seconda è che nessuno mai avrebbe fatto lo stesso per difendere che so, un salumaio o uno spazzino, e pure questo va contro i fondamenti della civiltà giuridica, quelli stessi che sono stati fondati con la Rivoluzione Francese. Il terzo invece riguarda l’elementare quanto fondamentale distinzione fra artista e opera d’arte. Il culto del “genio” creatore, capace di elevarsi al di sopra degli uomini grazie al suo talento (che Depardieu certamente ha) e’ un’idea in fondo molto passeé, obsoleta, che risale ancora all’Ottocento romantico, e al mito wagneriano del SuperUomo (che nulla c’entra con l’OltreUomo di Nietzsche, ma ha piuttosto delle connessioni con D’Annunzio e altri mille avventurieri); una concezione che io ritengo sbagliata, per il semplice fatto che mette in secondo piano quello che conta davvero, cioè la creazione artistica. Ancora oggi sappiamo poco, pochissimo di Shakespeare, e allora? Che importanza ha sapere che fosse alto, basso, buono o cattivo? Per me nessuna. O al massimo la personalità, come nel caso di Oscar Wilde, può diventare oggetto di nuove opere d’arte, realizzate da altri, ma niente di più. Perché Amleto a prescindere da tutto rimane Amleto, e così il Danton o il Novecento di Depardieu. Niente e nessuno può toccare questo lascito, almeno finché la nostra civiltà rimane in piedi; ed è proprio per questo che l’artista deve essere considerato un uomo come gli altri, nel bene e nel male. Altrimenti il rischio è di creare delle vacche sacre, che vengono applaudite a prescindere, qualunque cosa gli salti in testa di fare, anche quando il risultato è penoso (il caso di Woody Allen, che non ne azzecca una da più di vent’anni, e’ forse il più clamoroso. Guai a chi lo tocca!). Ma quello che conta non è Woody Allen, quanto la sua creazione; e se a dirlo era uno come Flaubert, che diceva – “sarebbe bello che la biografia di uno scrittore fosse composta unicamente da un elenco delle sue opere”, val forse la pena di pensarci.

Poi va osservato che Depardieu e’ sulla graticola non tanto per il suo essere un grande attore, ma per il semplice fatto che ha conseguito un’enorme fama (meritatissima); fosse stato altrettanto bravo ma sconosciuto, né i giornali né altri lo avrebbero citato. Ma visto che è ricco e famoso, con tutti i privilegi che ne conseguono, deve accettare il pacchetto completo (nessuno lo ha costretto, anzi) e mettere in conto che una star può essere messa sulla graticola, da quegli stessi media che l’hanno celebrata un attimo fa.

Per il resto lascio a ognuno la sua opinione: ma questi galletti che scendono in campo per difenderlo, non dovrebbero dimenticare che non stiamo parlando di caramelle, ma di stupro. Inutile piangere per la morte di una Giulia Cecchettin o mille altre nel mondo, se poi siamo pronti a scendere a patti con i nostri principi, solo perché uno sa recitare. Non c’entra nulla. Semmai dovremmo pensare a un curioso paradosso: è stata proprio l’Arte, negli ultimi secoli, a “innalzare la temperatura dell’anima”, come direbbe Nietzsche, di milioni di uomini, rendendoli più sensibili alle ingiustizie attraverso le storie di Madame Bovary, di Josef K. o del Padrino. Ora che la gente si indigna per i crimini contro le donne (cosa che un tempo veniva giudicata quasi normale) vogliamo tornare indietro? Dire che la serva è ladra, la padrona cleptomane?

C’è poca Arte in tutto questo.