ALLORA CREDIAMO ANCHE A FILIPPO TURETTA

DI ANTONELLO TOMANELLI

ANTONELLO TOMANELLI

Struccata, trasandata, invecchiata di dieci anni. Per correre ai ripari Chiara Ferragni confeziona un video che evoca il pianto greco di Soumahoro, quando rinunciò alla propria dignità per difendere moglie e suocera, non se stesso.

Fingendo di trattenere a stento le lacrime, la Ferragni definisce «un errore di comunicazione» l’averci fatto credere che i soldi spesi per acquistare un mediocre panettone, da lei griffato, pagandolo il triplo del suo prezzo di mercato, sarebbero finiti nelle casse dell’ospedale Regina Margherita di Torino, anziché in quelle della Balocco e in parte nelle sue, come invece ha accertato l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, meglio nota come Antitrust.

Più che un errore di comunicazione, pare una truffa aggravata, a giudicare dalle decine di denunce che il Codacons ha già depositato in altrettante procure della Repubblica. E l’annuncio di voler donare, ora, un milione di Euro a quell’ospedale è la classica pezza peggiore del buco, perché soltanto uno stolto potrebbe credere alla spontaneità dell’iniziativa, presupposto di ogni donazione.

Né poteva mancare la cavalleria spedita per direttissima dal marito, Fedez, quello che da giovincello inondava youtube di video musicali attaccando i «froci», salvo poi, una volta divenuto famoso e sotto l’ombra minacciosa del politically correct, rivendicare il diritto all’oblìo diffondendo la favola di essere cresciuto nell’omofobissimo hinterland milanese. Attacca la Meloni che dal palco di Atreju, finalmente azzeccandone una, aveva aspramente criticato «gli influencer che promuovono panettoni facendo credere di fare beneficenza».

Lo fa in un video sintetizzando, con parole sue, l’intervento della premier in una esortazione a «diffidare dagli influencer», e non «degli» influencer. Il fatto che in quel prolungato anatema ripeta lo svarione per ben 13 volte, è segno che l’omofobissimo hinterland milanese lo ha anche distolto dall’apprendimento dei fondamentali della grammatica italiana. Ma si sa, Fedez è più che altro questo.

Al pari della consorte, mostra una particolare affezione per gli eufemismi, pur non sapendo cosa siano, difendendo la scelta di impugnare nelle sedi opportune «quello che è stato detto». Come se a scalfire l’immagine della sua Chiara fosse stata la frase di un hater, non il provvedimento di una Authority.

D’altro canto, nel suo struggente video la Ferragni si mostra pentita, anche se non ha il coraggio di chiamare quello che ha fatto col suo vero nome. Ma annuncia di voler impugnare il provvedimento perché «sproporzionato e ingiusto». Sembra di sentire le parole di Filippo Turetta, che certo non arrivò a definire il massacro della sua ex fidanzata «un incidente», ma si dichiarò affranto, dispiaciuto e disponibile a pagare non il massimo, ma «quello che sarà giusto».

E allora, chi non ha mai creduto al pentimento di Filippo Turetta, a maggior ragione non può credere a quello della Ferragni. Quel video è soltanto un patetico tentativo di limitare l’emorragia dei propri follower, insieme ad un pressoché certo lucro cessante. Più o meno come le parole di Filippo Turetta sono indicative soltanto della sua volontà di evitare l’ergastolo.