STRAGE DI GAZA: LA CAUSA PALESTINESE SPACCA I DEMOCRATICI USA

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Dalla redazione di REMOCONTRO

L’eccidio di Gaza e la questione palestinese stanno provocando divisioni sempre più profonde negli Stati Uniti. E il sostegno incondizionato ad Israele e indiscusso sino a ieri, inizia a cedere. Dubbi fra gli elettori democratici più giovani sul «sostegno totale» professato da Biden nel suo viaggio in Israele dopo il 7 ottobre. Le proteste del dipartimento di Stato per i «troppi morti civili» provocati dalla rappresaglia israeliana. E il fatto che molte delle munizioni che hanno raso al suolo più di diecimila edifici nella Striscia e provocato l’ecatombe sono forniture americane.

Cresce la strage a Gaza e cala il gradimento per Israele

All’indomani dell’attacco, i sondaggi hanno rilevato che gli americani appoggiavano fortemente Israele. Sondaggio Quinnipiac, simpatia per lo Stato ebraico ai massimi storici. Ma nello sviluppo della rappresaglia su Gaza un numero crescente di americani afferma che la risposta militare di Israele è troppo pesante, rileva ‘Politico.com’. «Secondo un recente sondaggio di Reuters/Ipsos , la maggioranza ora sostiene un cessate il fuoco».

Gli americani più giovani

«I segni più visibili della divisione generazionale si trovano nei campus universitari, dove gli studenti californiani hanno guidato decine di proteste non solo contro gli attacchi iniziali di Hamas, ma anche contro l’invasione di terra da parte di Israele a Gaza e contro il governo del primo ministro Netanyahu», sottolinea il grande giornale web Usa. «Molte proteste sono state pacifiche. Ma le università della California hanno denunciato minacce di violenza e molestie contro gli studenti per il loro sostegno agli israeliani o ai palestinesi».

“Il Comitato nazionale democratico è stato assediato dai manifestanti che chiedevano un cessate il fuoco. Ne è seguita una violenta rissa, con la polizia del Campidoglio e i manifestanti che si incolpavano a vicenda per l’aggressione”.

Dissenso Usa: troppo zelo e troppe armi

Il mese scorso Josh Paul, funzionario del Bureau of Political and Military Affairs ha rassegnato le dimissioni dal dipartimento di Stato per protestare sulle forniture di armi concessa al governo israeliano all’indomani degli attentati di Hamas. «Paul ha rivelato che il Pentagono ha aperto un canale di emergenza collaterale alle normali procedure di approvazione per far fronte alle richieste di Gerusalemme», scrive Luca Celada sul Manifesto. Biden ha chiesto al Congresso di approvare 14,3 miliardi di dollari di armamenti, in aggiunta ai 3 miliardi di materiali bellici forniti ogni anno a Israele.

“Ma il Bureau of Political and Military Affairs che smista di armi americane nel mondo, aveva concesso il necessario per l’operazione a Gaza senza sorveglianza parlamentare, concedendo l’uso di armi americane già in territorio israeliano ‘per uso urgente’.”

Macello reiterato e senza fine

Queste rivelazioni e l’insostenibile conta di vittime hanno alimentato in America un crescente movimento di protesta in dozzine di città. «Le proteste a favore della Palestina – molte indette e guidate da associazioni pacifiste di giovani ebrei – hanno sopravanzato quelle pro Israele di 2 a 1», il dato a sorprendere. Solo la scorsa settimana sono stati bloccati ponti a Boston e San Francisco, oltre a Hollywood Boulevard a Los Angeles e numerose azioni a New York. Ognuna di queste proteste si è svolta in distretti liberal a forte maggioranza democratica.

Politica americana e le bombe su Gaza

Sabato, a Sacramento, migliaia di manifestanti pro causa palestinese hanno interrotto i lavori del congresso del partito democratico californiano. Nel partito repubblicano il sostegno all’alleato israeliano è tuttora prevalente per la naturale affinità fra destra radicale per Netanyahu, «anche se è sempre più evidente la recrudescenza apertamente antisemita nelle frange estremiste del trumpismo, comprese certe propaggini di X-Twitter care ad Elon Musk», denuncia Celada.

Pericoloso sostegno a Netanyahu

Questione divisiva soprattutto a sinistra e nel partito del presidente, che tradizionalmente raccoglie consensi della stragrande maggioranza dell’elettorato ebraico. Ed è proprio nell’ala sinistra del partito che il sostegno del presidente al governo Netanyahu sta trovando la critica più esplicita. Oltre che nelle piazze, questo è stato espresso al Congresso da rappresentanti come Cori Bush, parlamentare del Missouri e attivista di Black Lives Matter

La parlamentare Usa palestinese

Rashida Tlaib del Michigan, unica rappresentante del Congresso di origini palestinesi. Tlaib fa parte dello Squad, il raggruppamento di parlamentari progressiste cui appartiene anche Alexandria Ocasio Cortez, promotrice, la scorsa settimana, di una lettera con cui 24 deputati hanno chiesto a Biden di intervenire più decisivamente per fermare la strage, soprattutto di bambini. Contro di loro è entrata in azione la principale lobby politica israeliana Aipac, ‘America Israel Public Affairs Committee’ che ha annunciato di voler finanziare con 100 milioni di dollari avversari politici dei firmatari. Politica un po’ mafiosa.

Minoranza da non sottovalutare

«Ventiquattro firme non sembrano molte su 435 parlamentari ma sono degne di nota in un’istituzione così storicamente filo israeliana», annota ancora Celada, segnali dalla base del partito di fronte alla pulizia etnica a Gaza. Mentre una maggioranza di Americani si dice ancora favorevole ad Israele, il sondaggio Quinnipac registra un forte aumento della simpatia per la causa palestinese -dal 13 al 24 percento nel corso del mese scorso-. Svolta marcata nel mondo giovanile in cui il 50 percento considera «troppo unilaterale» il sostegno degli Stati uniti ad Israele e ben il 66 percento «eccessiva la reazione israeliana».

“Se fra gli elettori democratici over-65 il sostegno ad Israele rimane forte, fra i giovani è sempre più sentita l’esigenza di una posizione morale sulla strage in corso. Altra linea di demarcazione è quella etnica, con 72% di bianchi a favore di Israele contro solo il 50% delle minoranze”.

Spaccatura generazionale

“La spaccatura generazionale rischia di costare cara a Biden che ha nel ‘segmento giovanile’ una componente cruciale della coalizione di progressisti, donne e minoranze che il presidente deve riuscire ad attivare per avere possibilità di essere rieletto il prossimo novembre, annota a sua volta ‘Politico’.”

 

Articolo a firma Rem, dalla redazione di

21 Novembre 2023