STANDARD DI QUALITA’

DI ORSO GRIGIO

REDAZIONE

 

Abbiamo visto, descrivendo la proprietà transitiva, che un capo si sceglie quelli che gli somigliano, meglio se un filino più stupidi, e che comunque sa di poter manovrare a piacimento.
Quindi ipotizzando che il capo sia un bugiardo seriale con scarsa attitudine all’uso dell’onestà intellettuale, anche i collaboratori e i sostenitori dovranno avere gli stessi requisiti.
Fatta la premessa, generica e più volte ribadita, nella puntata di oggi faremo un esempio concreto della validità di quanto si afferma.
Secondo Sechi la Meloni uscirebbe bene da questa faccenda della telefonata e secondo Mantovano ella aveva capito che si trattava di uno scherzo.
Che ne esca bene un po’ è anche vero, visto che finalmente sulla guerra in Ucraina ha detto una cosa giusta e condivisibile.
Purtroppo però tale verità l’ha confessata a soggetti che:
a- se aveva capito lo scherzo non sapeva nemmeno chi fossero;
b-se invece riteneva veri i suoi interlocutori è pure peggio, visto che quelle cose, ai propri elettori, non le ha mai dette appoggiando invece, da sempre, la linea guerrafondaia sostenuta da draghi che appoggiava quella sostenuta dall’Europa, che appoggia quella sostenuta dall’America, che al mercato mio padre comprò.
Sul capire che fosse uno scherzo poi, si fa fatica a crederlo visto che è stata lei a richiamare i due comici, e che li ha tenuti al telefono cianciando su tutto mentre questi si erano rotti anche un po’ le palle di ascoltarla.
Senza contare poi che, se avesse capito la burla, avrebbe dovuto parlarne lei, e non aspettare che fossero gli altri a sputtanarla così miseramente.
E niente, da quelle parti la linea guida è quella sancita a suo tempo dal voto sulla nipote di Mubarak, uno standard elevatissimo di menzogne e disonestà intellettuale al quale attenersi.
Del resto la Meloni dimostrò, già allora, di possedere tutti i requisiti.
Già che siamo in tema, vorrei anche aggiungere una cosa, forse divisiva e sulla quale in molti non sarete d’accordo. In questo caso pazienza, ma è quello che penso. Ho i miei limiti, e molti li conosco, ma alla cultura dell’ipocrisia, della menzogna e della disonestà intellettuale non appartengo.
Io ritengo qualsiasi celebrazione inneggiante a Berlusconi del tutto inadeguata.
Che sia l’iscrizione al Famedio o l’intitolazione di una strada, una piazza, un premio letterario, una beatificazione o qualsiasi altra cosa che verrà.
Santificare la sua figura non mi sembra così meno grave che omaggiare quella di Mussolini.
I trent’anni di berlusconismo hanno prodotto danni sociali, etici e culturali devastanti.
Definitivi e come tali impossibili da rimediare.
E’ solo la mia idea, certo, il mio stare ostinatamente dalla parte degli ultimi, quel rigore etico e morale che con fatica perseguo da sempre, ma a questi valori ci sono affezionato e non li abbandono come hanno fatto quasi tutti quella della mia generazione.
Io, per dirla ancora con un Maestro, “cambio poco, cambio molto lentamente”.
E non dimentico.