PERCHE’

DI CLAUDIO KHALED SER

 

Un tratto di costa compresa tra Oudhef e Ketana, con al centro GABES, alle spalle il deserto, meta preferita dai turisti che vogliono scoprire la Tunisia di ieri.

Matmata coi suoi crateri-casa, Ghomrassen, Kebili e Tozeur per assaporare l’esotico arabo.
E’ da qui che partono le barche per Lampedusa.
I “passeur” si sono spinti più a sud di Sfax per sfuggire ai controlli (???) della Brigade tunisina.
Pochi km, circa 150, separano queste coste dalla Libia.
Ma poi c’é il confine con l’Algeria e il passaggio di El Oued da dove transitano i Migranti.
Attraversano la “terra di pietre” ed arrivano a Gabes.
Prendono una barca e salpano.
Aspettano pazientemente il loro turno, in gruppi di 15/20 Persone, accampati tra i cespugli, nascosti allo sguardo non solo della Polizia, ma soprattutto dei tunisini che mal sopportano queste presenze.
Sono molto guardinghi, restii a farsi avvicinare.
Temono d’essere condotti in qualche “campo” e di veder sfumare il sogno europeo.
Anche aiutarli é un problema, scappano appena vedono un’auto, anche se porta lo stemma della Mezzaluna Rossa.
C’é un solo campo da queste parti, a Choucha, nel governatorato di Medenine, ma é stato chiuso dall’UNHCR nonostante ancora ospiti decine di Persone fuggite dalla Libia al tempo della guerra contro Gheddafi.
Quindi, nessun riparo “autorizzato” e che comunque non sarebbe d’aiuto perché, come ho detto, i Migranti non entrerebbero di loro spontanea volontà.
Il problema é sempre lo stesso : COSA FARE.
E la risposta, purtroppo, sempre la stessa, NIENTE.
Si può solo fornire acqua, un po’ di cibo, curare le ferite ai piedi sanguinanti, latte per i bambini, qualche coperta per la notte quando la temperatura s’abbassa e tira un vento “freddo” dal deserto.
Niente altro.
Un senso d’impotenza che ci avvolge e dal quale non riusciamo ad uscirne.
Abbiamo chiesto aiuto, raccontando alle poche “autorità” disposte ad ascoltarci, delle enormi difficoltà incontrate……
“Eh oui c’est un probléme” …….
e ci hanno messo alla porta.
Grazie, che era un problema lo sapevamo da soli.
Che in Tunisia ci sia da mesi la “crisi del pane” già lo sapete.
Non ne abbiamo da dare ai Migranti e non possiamo ovviamente dar loro pasta o riso.
Come e dove la cuociono?
Cercheremo d’attrezzare delle cucine da campo, qualche tenda per dare assistenza sanitaria ai casi più gravi, ma sinceramente,
in queste condizioni come possiamo renderci utili ?
Per assurdo ci auguriamo che possano raggiungere quanto prima la costa, salire su di una barca e partire.
Non sarà la fine del loro calvario, ma del nostro certamente si.
Non vedremo più gente stremata, arrancare, appoggiarsi l’un l’altro per sorreggersi e continuare a camminare.
Non vedremo più bambini piangere ininterrottamente per la fame o la sete, donne allo stremo, trascinare sacchi con le poche cose che son riuscite a salvare dalla vita di ieri.
E soprattutto non guarderemo più negli occhi questi uomini che con lo sguardo ci domandano “PERCHE’ “.la vita ha riservato loro questo drammatico destino.
Chi ha la risposta si faccia avanti.