CITTADINI DI SERIE A E DI SERIE B IN QUESTA ITALIA DUALE. DIVARI E ALTRE QUESTIONI AL PROCIDA SUD FESTIVAL

DI RAFFAELE VESCERA

 

Una sintesi del mio intervento nell’incontro tenutosi sull’Isola di Procida lo scorso sabato, in apertura della quinta edizione del Procida Sud Festival, con la partecipazione dei sindaci di Procida e Sant’Andrea di Conza, Raimondo Ambrosino e Pompeo D’Angola, il prof. Pietro Busetta, l’assessore Antonio Carannante e la delegata comunale per l’integrazione Matilde Carabellese.
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I divari del Mezzogiorno rispetto al Nord Italia, certificati dall’Istat nel 2023 parlano da sé. A partire dai 33.400 Euro annui di Pil pro-capite di un cittadino del Centro-Nord, mentre per un cittadino meridionale è pari quasi alla metà, 18,500 Euro.
Altro dato inquietante è l’occupazione giovanile che nel Sud è pari solo al 45,7% dei giovani tra i 25 e i 34 anni, ben al di sotto di quella dei giovani settentrionali pari al 72,4%. Disoccupazione che si traduce in un tasso migratorio altissimo dei giovani meridionali, pari al 15,9%, quasi 16 volte in più dei giovani settentrionali, fermi allo 0,9% di migrazione. Giovani meridionali che emigrano verso il Nord e verso l’estero nella misura di oltre 100.000 l’anno, due milioni di giovani negli ultimi vent’anni, buona parte laureati, costati alla loro famiglia e alle istituzioni del Sud ben 200.000 Euro ciascuno, come certifica nel suo libro “La rana e lo scorpione” il prof Pietro Busetta, consigliere Svimez, presente alla quinta edizione del Procida Sud Festival, svoltasi lo scorso week end. 200.000 euro che moltiplicati per il gran numero di emigrati costituiscono un capitale umano e finanziario enorme perso ogni anno dal Mezzogiorno.
La differenza di dotazione delle infrastrutture tra Nord e Sud è semplicemente scandalosa, come si evince dalla seguente tabella:
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– Chilometri di autostrada ogni 100 kmq. Nel Nord-Ovest 3,3%. Nel Sud l’1,7%.
– Chilometri di ferrovia ogni 100 kmq. Nel Nord-Ovest del 7,2%. Al Sud del 4,7%.
– Alta velocità ferroviaria, nel Nord è del 9,6. Nel Sud del 1,4%.
– Ferrovie elettrificate al 77,2% al Nord, laddove il Sud è fermo al 48,6%.
– Aeroporti: Tra Albenga e Trieste, ben 17, al Nord 1 x 50 km. Al Sud 1 x 200 km.
– Porti: Porto franco a Trieste, inclusione del porto di Genova nella nuova “via della seta”, con esclusione dei porti del Sud, Messina, Gioia Tauro, Taranto etc.
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Ma questo è il meno, tra Bari e Napoli meno di 300 km, esiste un solo treno che colleghi direttamente le due maggiori città del Sud continentale impiegando oltre 4 ore di viaggio, alla velocità media d’antan di 80km l’ora. Mentre da Bari a Reggio Calabria occorrono ben 14 ore di treno per fare 450 km, a una velocità media di 30 km l’ora. Ancora peggio va in Sicilia, dove tra Ragusa e Trapani per poco più di 300 km occorrono quasi 15 ore, e in Basilicata dove i treni sono fantasma.
Stessi divari scandalosi esistono in servizi sociali quali la sanità che costa al Sud un tasso migratorio del 9,6% dei malati i quali sono costretti a spendere fior di quattrini per farsi curare al Nord e l’istruzione, a partire dagli asili dove, come riportato dal prof. Busetta nel suo libro, nella città di Reggio Calabria, oltre 180.000 abitanti, esistono solo 3 asili pubblici, laddove a Reggio Emilia, che di abitanti ne ha meno, ve ne sono ben 66.
Divari che fotografano un’Italia duale, composta da cittadini di serie A e di serie B.
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Quali le cause?
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Al di là del mantra mediatico propagandistico di colpevolizzare il Sud, “incapace” di spendere le risorse che, ad avviso di lorsignori, verrebbero ad esso elargite, esiste la triste verità certificata da istituti autorevoli quali Svimez, Eurispes e Banca d’Italia che annualmente, in infrastrutture e servizi, per un cittadino meridionale lo Stato italiano spende 3.500 Euro in meno che per un cittadino del Nord, per il colossale importo di oltre 60 miliardi di Euro l’anno sottratti al Sud e dirottati al Nord.
E ciò avviene da sempre, come denunciato dopo l’unità d’Italia da grandi meridionalisti quali Gaetano Salvemini, Antonio Gramsci, Saverio Nitti e altri.
Per quanto un numero sempre più largo di meridionali sia vieppiù consapevole di questa disuguaglianza di trattamento, senza una presa di coscienza generalizzata dei quasi 20 milioni di cittadini meridionali, minorizzati sin dall’Unità d’Italia in un Sud ridotto ad una sorta di colonia interna, non vi può essere un vero riscatto del nostro Mezzogiorno.