PATRICK ZAKI E I PROTOCOLLI NEGATI

DI GIOACCHINO MUSUMECI

Gioacchino Musumeci

 

La mia trilogia su Zaki termina con questo post.

Patrick Zaki ha infiammato l’arena social e scomodato giornalisti dal celeberrimo rachitismo morale. Ma più di tutto il rifiuto del protocollo istituzionale ha evidenziato il Paese afflitto dall’esaltazione dell’apparenza, per esempio in Italia ci sono famiglie ricche perciò, secondo le reti del governo e diversi cittadini, i poveri non esistono.
L’esecutivo, è ormai un dato chiaro, si regge sulla schizofrenia politica.
Un esempio tra i tanti l’immigrazione che dai banchi dell’opposizione Meloni avrebbe risolto con magie, ovvero il nulla per cui sull’argomento è fin troppo nota. In tempi di troppi strafalcioni istituzionali, favoritismi a evasori o truffatori della pubblica amministrazione, Zaki sarebbe stata brezza sull’esecutivo alle prese con più fronti roventi.
La sovraesposizione mediatica del ragazzo, eventuali ospitate televisive e interviste in cui sarebbe stato dettato anche quando respirare, avrebbe offerto al volgo il restyling di una compagine governativa scadentissima. Politica interna a parte, è difficile stimare una premier che corre tra le braccia di Biden per farsi dettare strategie idonee a gestire i rapporti commerciali con la Cina dato che quelli con la Russia sono irrimediabilmente soppressi e a spese nostre. Potrebbe starci se non fossimo diventati un’agenzia di rappresentanza delle pretese Usa nel globo. Perciò nascondere l’inadeguatezza del governo con la perfezione dell’etichetta è davvero troppo poco.
A parte questo un minimo di contegno su Zaki sarebbe auspicabile: ieri è toccato a Andrea Ruggeri, direttore editoriale del Riformista, scrivere che Zaki avrebbe dovuto accettare il protocollo istituzionale in segno di rispetto e integrazione nella comunità di italiani disinteressati alla liberazione ma attenti ai protocolli; perciò arrabbiati perché Zaki non li rispetta. Italiani attenti ai protocolli? Questa è buona!! Nemmeno raccolgono le cacchine del proprio cane, e non è protocollo ma dovere. Ruggeri è un politico Berlusconiano: fa un po’specie evocare gli italiani in ambiti protocollari se ogni volta che decidono qualcosa vengono ignorati come nel caso dell’acqua pubblica o i finanziamenti ai partiti, ovvero temi sostanziali non protocolli.
Di fatto lo Stato ha dimostrato più di una volta enorme distacco dal piano popolare perciò che la liberazione di Zaki fosse uno spot è ancor più chiaro se, come dice Ruggeri, agli italiani non fregava nulla ma il protocollo cacchio, quello si.
La questione principale a cui nessuno si interessa è invece che Zaki è un migrante.
E quale migrante potrebbe annuire a questa Dx deludente e forgiata su imperdonabili disvalori tra cui razzismo e xenofobia costantemente minimizzati. La Dx radicale si è persa nell’insulto ai danni di extracomunitari che stando alla narrazione profusa dai giornali di regime non facevano che procurare danni al paese. E i correttivi apportati affinché il governo abbia una parvenza di dignità sono tardivi e fasulli.
La liberazione di Zaki è niente più che pubblicità se le politiche del governo non guardano l’inclusione, se il governo tace su Fincantieri, se ancora oggi la cittadinanza ai nativi figli di immigrati stabilmente insediati in Italia non è automatica con tutte le complicazioni e i fastidi che ne derivano.
Ma oltre questo spendersi in untuosi salamelecchi al governo per cosa? Dopotutto la premier burlona più che difendere i diritti dei cittadini, a cui offre un euro al giorno e poi fame, difende l’opulenza della casta a cui restituire vitalizi e l’incolumità istituzionale di una ministra amica che si appropriava indebitamente di denaro dello stato per oltre un milione di euro, il tutto mentre le signore protestavano contro i truffatori del Rdc. Apposta la procura di Milano ha aperto un fascicolo in cui Santanché è indagata per truffa aggravata ai danni dello Stato.
Perciò non è Zaki in difetto se tiene la barra dritta.
Lo è la premier, la sua pericolosa compagine di devianti dal binario della legalità e l’informazione accondiscendente che si scaglia su Zaki perché più che liberare qualcuno si devono osannare Giorgy Melony e Mary Draghy:
i migliori megafoni Nato che abbiamo mai avuto.