IL MARZO FRANCESE

DI ALFREDO FACCHINI

Alfredo Facchini

 

Parigi brucia. La rivolta contro la riforma delle pensioni di Macron si allarga a macchia d’olio. Nantes, Lione, Marsiglia, Brest …

Il Movimento sta assumendo dimensioni epocali.
“La rue est la rue”, la piazza è la piazza.
In Italia, invece, si va in pensione tutti a 67 anni e zitti e mosca.
Poi ci sono quelli che la pensione la vedranno con il binocolo.
Ma se in Francia a riscaldare i cuori c’è la “Cgt”, da noi c’è il sindacato di Landini, che è come la forchetta nel brodo, non serve a niente. E una sinistra sinistrata.
I francesi sarebbero mai riusciti nell’impresa di cacciare i fascisti dalla porta per poi farli rientrare dalla finestra?
Si, è vero ha iniziato Togliatti, poi De Gasperi, gli Americani, Tambroni, Berlusconi, chi più ne ha, più ne metta. Ma che fine ha fatto in questo paese l’antifascismo militante?
La sinistra francese avrebbe legittimato una che da pischella girava con la croce celtica al collo e da adulta vorrebbe affondare a cannonate le navi delle Ong?
I francesi che hanno votato Mélenchon avrebbero abbozzato, come abbiamo fatto noi, che la seconda carica dello Stato fosse uno che a casa lucida i busti del Duce? Forse, non a tutti è chiaro che il giorno che dovesse venir meno Mattarella, ci ritroveremmo come presidente della Repubblica La Russa.
Eh, si obietta, ma questi trogloditi al governo, comunque, hanno giurato sulla Costituzione. Ma anche Mussolini giurava sullo Statuto Albertino, la Costituzione di allora.
Durante il ventennio fascista lo Statuto Albertino fu completamente snaturato, anche se fu rispettato formalmente.
Che cosa devono ancora combinare di stomachevole Meloni e compagnia per iniziare a chiamarli e trattarli per quello che sono: i nuovi fascisti. Si perché qualcuno di questi si è mai dichiarato orgogliosamente antifascista? Nessuno.
L’antifascismo, non è semplicemente una presa di posizione contro la malvagità del fascismo, essere antifascisti oggi è un metodo di interpretazione della Storia.
Il fascismo è sempre stato pappa e ciccia con quelli che una volta venivano chiamati “i Padroni”.
I primi atti operati dal governo Mussolini (1922) ed in particolare dal ministro delle finanze De Stefani, vennero accolti positivamente da Confindustria in quanto andavano a rafforzare il settore industriale con finanziamenti e promesse di agevolazioni fiscali per gli investimenti privati e di impresa.
Così idem la Meloni che davanti agli industriali veneti conia lo slogan: <<Non va disturbato chi produce>>. Ribadito alla Camera: <<non disturbare chi vuole fare>>.
In sintesi: fate i vostri porci comodi. La cartina di tornasole è il secco no al salario minimo ripronunciato pochi giorni fa al congresso di Landini.
Tutto questo panegirico per dire che il “Marzo francese” dovrebbe insegnare che davanti abbiamo ancora molte pagine bianche da riempire.
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Qui in Italia. Mettiamo una virgola, dove gli altri hanno messo un punto.
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