DRAGHI E LA GUERRA FREDDA 2.0

DI ALFREDO FACCHINI

 

L’autunno dello scontento. È quello che ci aspetta al varco, tra razionamenti, inflazione e cassa integrazione.

Non è colpa del destino cinico e baro. No. Lo hanno deciso una cinquantina, o giù di lì, di individui che agiscono in nome dell’Occidente.

È lo scotto da pagare per quella che è la “Guerra Fredda 2.0”. Non certo per: “morire per Kiev”.

A questo “Comitato” dell’Ucraina non gliene frega un fico secco. Se fosse stato il contrario avrebbero trattato con Putin fino allo sfinimento per evitare una inutile carneficina. Hanno invece fatto la moina per una settimana, per dire “noi c’abbiamo provato”, ma l’invasore non vuol sentir ragioni.

Chi vuole trattare davvero è creativo come lo “Stato Italiano” che ha trattato con “cosa nostra”.

Ora stanno illudendo un popolo, quello ucraino, che alla lunga l’avranno vinta.

Ma, Volodymyr Zelens’kyj,
non è altro che un capo cameriere a cui è permesso di sedersi di tanto in tanto. Le decisioni si prendono altrove.

A prenderle sono, Tony Blinken, Segretario di Stato degli Stati Uniti e subito sotto per l’Europa e dintorni, il Presidente del comitato militare “NATO”, l’Ammiraglio, Robert Peter Bauer (Olanda).

La faccia ce la mette il politico di turno: Jens Stoltenberg da Oslo.
Stoltenberg, già due volte primo ministro norvegese, da settembre è il Governatore entrante della Banca Centrale norvegese, la “Norges Bank” che gestisce, tra l’altro, il Fondo pensione del paese, uno dei maggiori fondi di investimento del mondo. Ma il suo mandato, che è stato prorogato, scadrà tra un anno.

Il suo successore sembra avere lo stesso profilo: premier e Governatore della Banca Centrale.

Ma è lui? Si proprio lui: Mario Draghi. Il suo decisionismo dopo l’invasione dell’Ucraina e l’inossidabile fedeltà Atlantica lo collocano tra i più papabili allo scranno più alto della “NATO”.

L’Italia, come quinto contributore della “NATO” e Paese fondatore, non ha un segretario generale dai lontani tempi di Manlio Brosio, esponente del “Partito Liberale” che rimase in carica dal 1964 al 1971.

Draghi, è noto, avrebbe aspirato alla presidenza della Repubblica, ma sappiamo come è finita. Dovrà accontentarsi.

Il Dipartimento di Stato Usa, titolare della “golden share” della “NATO”, c’è da giurarci non si lascerà sfuggire l’occasione di avere un ultrà alla guida di un’alleanza non più solo militare, ma soprattutto strategica, testa di ponte per fiaccare le velleità di Mosca e contenere l’espansionismo di Pechino.

Le due sfide decisive per l’ordine mondiale del prossimo decennio.

Tutto torna.