“LA TRAGEDIA DI UN UOMO RIDICOLO”

DI GIANCARLO SELMI

 

“Tu sei quello che indossava questa maglietta”? Ha chiesto a Salvini il sindaco di Przesmyl, una città polacca ai confini con l’Ucraina, mentre gli mostrava la shirt con l’effige di Putin. La stessa che il capitone aveva orgogliosamente indossato e mostrato al mondo qualche tempo fa.
“Sei un insolente. Non ti ricevo. Nessun rispetto per te” gli ha detto perentoriamente il sindaco, mentre il capitone mostrava una faccia fra l’esterrefatto e l’imbarazzato, passando per la gomma.
La presenza dei reporters chiamati dallo stesso recordman mondiale di figure di mer*a, ha reso comico un tragico quadretto.
Voleva farsi i selfies in una zona immediatamente al confine, farsi un poco di pubblicità al prezzo di un viaggio, un po’ di freddo e di qualche ora in albergo. Voleva andare a rompere i cosiddetti a chi, in queste tragiche ore, si trova impegnato ad accogliere gente che scappa dalla guerra ed a rendere meno terribile la tragedia umanitaria.
È abituato a queste pagliacciate, lo ha fatto molte volte, convinto che rendano politicamente. Dalle trasfusioni di sangue ai clochard: carità pelosa, altruismo virgolettato e senso civico fra fotografi e reporter. Questa volta gli è andata male. Una scena con un titolo consacrato: “la tragedia di un uomo ridicolo”.
Se non fosse il leaders di un partito che rappresenta il 20% dei voti degli italiani, ci sarebbe da scompisciarsi dal ridere. Se Salvini non rappresentasse una tragedia per il nostro paese, sarebbe un magnifico esempio di comicità involontaria.
Ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere.