NO QUEUE!

DI PIERLUIGI FERDINANDO PENNATI

Ieri mi sono trovato nel mezzo di un gruppo di no queue, lo so, la parola è strana, ma coda in inglese si dice così, non ce ne sono altre per indicare una fila di persone o auto in attesa di passare.

Quindi, dicevo, mi sono trovato per caso nel mezzo di un gruppo di persone che invocando la libertà di distribuzione sul terreno pubblico rifiutava categoricamente di stare in coda per entrare in un esercizio pubblico.

I FATTI

Dovendo fare un esame del sangue mi recavo presso un centro prelievi privato di buon’ora, non era la prima volta e sapevo ci sarebbe stata coda fuori della porta perché, per le regole anti covid, l’accesso è da tempo regolamentato da una persona che permette ad un numero limitato di pazienti la permanenza interna nell’angusta sala di aspetto e solo dopo averne verificato la temperatura corporea, cosi, di solito, gli avventori si mettono in fila in ordine di arrivo lungo la strada antistante nella direzione in cui la porta si apre, per comodità.

Ieri, invece, sorprendentemente c’era solo una persona in attesa, così mi sono accodato come avevo fatto in precedenza e poco dopo e stata fatta entrare rimenendo solo in strada. In pochi istanti è sopraggiunto dapprima un uomo, che invece di mettersi dietro si è disposto al mio fianco ma leggermente arretrato, poi una donna, che si è fermata di fronte nella direzione opposta alla mia, un’altra sul mio fianco opposto all’uomo e così via senza alcun ordine e prestissimo eravamo tutti disposti in semicerchio davanti all’ingresso con molti da dietro che piano piano “spingevano” chi era di fronte ad addossarsi alla porta.

Io sono rimasto immobile senza muovere un muscolo, tenendo la posizione per capire cosa sarebbe successo dopo… quand’ecco che esce una persona dal centro per andarsene per i fatti suoi, costringendo quella massa informe e compatta a spostarsi per lasciarla passare.

PRIMO PROBLEMA

Ecco che lo spostamento rompe una sorta di equilibrio statico che si era creato, ma nessuno ne parla o accenna a mollare la posizione comunque acquisita nel caos generale e cominciano le gomitate “leggere” senza guardare il colpito, complice anche la mascherina che nasconde la faccia. In questo modo ognuno pare voler affermare la propria superiore priorità nella curiosa situazione pseudo-anarco-gerarchica.

Seguono momenti di grande tensione e sguardi severi tra i presenti, forse anche per memorizzare un proprio ordine sequenziale nel disordine del momento, io comunque ero il primo e tra il curioso ed il divertito attendevo la chiamata cercando di indovinare cosa sarebbe successo in quel preciso momento…

COLPO DI SCENA

Ecco che, infine, mentre la confusione aumenta e l’assembramento è ormai nel caos disposto a semicerchio di fronte all’ingresso ed occupando anche parte della carreggiata, fortunatamente periferica e quasi per nulla frequentata dalle vetture, esce qualcuno dicendo “i primi due”!

Non è finita la frase che tutti già si muovono, il signore al mio fianco scatta di fronte a me quasi sgambettandomi, per fortuna non mi ero ancora mosso, la signora all’opposto grida “io ho la prenotazione”, tutti vociferano qualcosa all’indirizzo dell’impiegata sula porta che per nulla disorientatata resta ferma in attesa che torni la calma.

Io, approfittando della mia posizione di prima fila tenacemente tenuta da minuti infiniti, finalmente allungo la mia prenotazione senza proferire parola, sono il primo e la prenotazione è la prima dell’orario indicato…

EPILOGO

Il signore che cercava di sgambettarmi è straniero, forse arabo, e non capisce, forse finge o forse no, comunque riesce a passarmi davanti e veniamo fatti entrare insieme.

Dall’interno vedo che fuori si svolge una animata discussione con persone che sembrano muoversi per disporsi meglio, chissà, forse formeranno una coda…

Faccio il prelievo ed esco, l’assembramento è sempre uguale, la tensione alta, le persone si stringono sempre più di fronte alla porta, tanto che fatico a passare, nessuna coda si è formata e la confusione regna sovrana.

SIPARIO