SAMUEL PATY, IL PROFESSORE CHE INSEGNAVA I PRINCIPI DELLA “REPUBLIQUE”

DI CRISTINA PEROZZI

Il professore decapitato all’uscita di scuola a Conflans, vicino Parigi, aveva deciso quale fosse il suo “altro importante” nella vita.

Una famiglia e un figlio.
Samuel Paty aveva 47 anni ed insegnava Storia e Geografia, ma soprattutto Educazione civica e morale, materia che qui da noi in Italia purtroppo è stata eliminata da anni.
Chi ha la mia età se la ricorda.
Io ho iniziato ad appassionarmi della libertà, dei diritti umani e della giustizia ascoltando le parole della mia Maestra, oltre a mio Padre.

Il professore infatti aveva tenuto una lezione ai suoi ragazzi sulla libertà di espressione e l’attentato a Charlie Hebdo.

«L’anno scorso ci ha mostrato due caricature di Maometto pubblicate da Charlie Hebdo
– racconta fra le lacrime una quattordicenne sua alunna-
e con calma ha premesso che avrebbe tenuto una lezione di educazione civica sulla libertà di espressione, ma non voleva ferire o turbare nessuno, quindi chi si sentiva a disagio poteva non partecipare e uscire dalla classe.
Ma lo ha detto con un tono gentile, non per dividere, ma proprio per cercare il dialogo, come faceva sempre.
E infatti nessuno era uscito.
Voleva spiegare i principi della République, poi lasciava o ognuno la libertà di essere o non essere Charlie»

«Quel professore era eccezionale, e mio figlio mi ha raccontato che non ha voluto affatto discriminare noi musulmani.
Ha chiesto se qualcuno voleva uscire per gentilezza, per rispetto, non per creare divisioni, e infatti mio figlio è rimasto in classe e non ci sono stati problemi.
È una tragedia spaventosa, quell’insegnante era una brava persona che cercava di educare al meglio tutti i nostri ragazzi».
Cosi il padre di Nordine, un altro suo alunno di fede islamica.

Se non decidiamo una volta per tutte cosa deve diventare “altro importante ” nella nostra vita quotidiana, quella che trascorriamo fra mille problemi e impegni, non lasceremo l’eredità di una facile esistenza ai nostri figli.

In questo la mia generazione è stata fortunata.

Non avevamo i social e tutta questa esibizionista e superficiale apparenza, ma avevamo i valori della tolleranza reciproca e della convivenza civile.
Oggi con la globalizzazione è diventato tutto più impegnativo, ma anche più facile.

Credo sia arrivato il momento per ciascuno di noi di non restare in un comodo, ma desolante silenzio e promuovere sempre l’inclusione sociale.
Oggi più che mai necessaria come l’aria per vivere.