L’ARNO TIENE: GIANI AVANTI 8 PUNTI AVANTI ALLA CECCARDI

DI ALBERTO EVANGELISTI

Alla fine la line dell’Arno, visto con ottica di centro sinistra un po’ come un novello Piave, ha retto: le proiezioni danno Giani intorno al 48% con la candidata di centro (poco) destra (tanta) Ceccardi distaccata di circa otto punti, intorno al 40%.

Il risultato, definibile come acquisito, lo è stato molto meno fino alle 15 di oggi pomeriggio, quando i primi exit poll hanno permesso a molti in casa PD di riprendere fiato dopo che i sondaggi degli ultimi giorni, non pubblicabili a causa del silenzio elettorale, davano la candidata leghista in forte recupero, fino agli insight poll circolati ieri sera che la davano addirittura nella forbice avanti di un punto.

Il segretario PD, Zingaretti, contro ogni previsione fino solo a qualche ora fa, uscito come vero vincitore politico di questa tornata elettorale ostenta soddisfazione e dice di non aver mai creduto alle voci pessimistiche dei giorni scorsi. Forse lui no, ma di certo nel PD toscano le facce da “Caporetto” erano diffuse quanto l’acne sulla pelle di un tredicenne.

Il pessimismo, ad essere onesti, travalicava i confini dei Democratici, ed era ben palpabile anche nell’intera area “intellettuale” (una volta, in epoca a.m. -avanti Moretti- si sarebbe detta “intellighentia”) vicina al Governo. Un esempio su tutti: Andrea Scanzi, paladino aretino del neo-contismo, giusto stamani faceva previsioni di perdita con punteggi tennistici, la cui colpa sarebbe stata secondo lui, neanche a dirlo, di Renzi, reo di aver imposto un candidato indigeribile a sinistra e cinque stelle.

Le previsioni sono invece state smentite nel pomeriggio, con una forbice di distacco fra i due candidati che andava allargandosi man mano che le proiezioni si susseguivano.

Tuttavia, volendo rimanere nelle metafore storiche da Prima guerra mondiale, come Caporetto aveva evidenziato delle carenze endemiche e strutturali del nostro Paese, a cui è stato possibile non dare alcuna risposta grazie all’euforia portata dallo scampato pericolo del Piave e di Vittorio Veneto, anche la vittoria di Giani, rischia di nascondere sotto il tappeto criticità che andrebbero invece analizzate e risolte.

La vittoria, infatti, è arrivata sull’onda della mobilitazione dell’elettorato toscano, che ha vissuto quasi come un incubo la concreta possibilità di perdere la competizione, peraltro a favore di una concorrente radicalmente schierata a destra e con limiti evidenti sotto molti punti di vista; una che, per dire, dieci anni fa non avrebbe superato il 20% nemmeno con un allineamento di pianeti favorevoli da qui a Plutone. E’ arrivata, però, anche per la pressione di gran parte degli opinionisti vicini al movimento 5 Stelle, che hanno senza mezzi termini invitato a non votare la propria candidata, per scongiurare un potenziale terremoto sul Governo  derivante dalla caduta della Toscana.

A fare le spese di tanta zelante accondiscendenza con Giani da parte dei vari Scanzi, Travaglio & Co, è stata la povera Irene Galletti, candidata del Movimento, peraltro persona conosciuta  come competente e degnissima, che ha chiuso attorno al 7%, con un risultato al di sotto delle proprie possibilità ed aspettative. Potrebbe forse chiedere un “risarcimento politico” al proprio partito con una candidatura alle prossime politiche, se non ché la vittoria del SI al referendum che i suoi hanno voluto così fortemente, ridurrebbe in ogni caso le possibilità di elezione al lumicino.

Altro dato da considerare riguarda i risultati delle liste che evidenziano, da un lato un centro sinistra a traino PD (35%), ponendo un limite abbastanza definitivo sulle aspirazioni di movimenti scissionisti dell’area (leggasi Renzi) e dall’altro uno schieramento che ormai di centro ha veramente poco, con Forza Italia al il 4%, ridotta a mera spettatrice e la somma Lega e  FdI che supera il 35%. (21,9% più 13,6%).

Infine, nella miglior tradizione dei risultati elettorali, in cui tutti un po’ vincono e un po’ perdono, anche Salvini, che aveva puntato molto sulla spallata toscana, dopo i risultati odierni inizia ad avere più di qualche preoccupazione: non solo perché le nottate post elettorali trionfanti sono un ricordo ormai risalenti ai tempi della festa a Perugia, ma soprattutto perché inizia a sentire il fiato sul collo sia della propria leadership di coalizione, sempre più minacciata da una Giorgia Meloni in costante ascesa, proprio a scapito della Lega, che di partito, dove oltre a Giorgetti, emerge oggi prepotentemente il nome di Zaia, trionfatore con percentuali bulgare in veneto dove, per di più, la lista col suo nome conquista da sola il 45% dei voti contro il “solo” 15% della lista targata Lega.