NEGRO O NERO?

DI CLAUDIO KHALED SER

E’ interessante notare come, anche trasmissioni demenziali (GF), possano stimolare un confronto d’opinione che, in teoria, dovrebbe servire a chiarire, ma che invece, non fanno altro che dividere ulteriormente un Paese sempre più incattivito e polemico.

L’ex cantante FL la cui la senilità gli sta giocando brutti scherzi, dopo le idiozie sul duce, si diletta di semantica e rivendica l’uso normale della parola “negro”.

C’é da dire, per la verità, che il termine, fino agli Anni 60′ era comunemente usato e non possedeva alcun significato dispregiativo.

Solo all’inizio degli anni Settanta, in seguito alle lotte dei «neri» americani, alcuni traduttori avrebbero cominciato a bandire l’uso di negro in favore di nero, che pareva rendere più fedelmente l’anglo-americano black, assurto a simbolo e parola-chiave dei movimenti per i diritti delle minoranze negli Stati Uniti («Black power», «Black is beautiful»).
Cominciò anche a diffondersi l’espressione di colore, calco dall’anglo-americano coloured.

Ciò non inibì, comunque, la circolazione di negro, che anzi negli anni Ottanta poteva essere usato – con pretesa di neutralità – dai più importanti media nazionali in relazione al fenomeno dell’immigrazione, e alla crescente presenza, in Italia, di immigrati provenienti – in prevalenza – dall’Africa, e quindi «negri» o «neri».

Qualcosa probabilmente cambiò con l’inizio degli anni Novanta, quando importammo il dibattito sul «politicamente corretto» dai Paesi anglosassoni.
Quale che sia l’opinione rispetto al movimento del «politicamente corretto» e alle sue rivendicazioni, è stata probabilmente questa maggiore attenzione all’uso delle parole (e alle loro ripercussioni sociali, con l’innescarsi di atteggiamenti di stigma, o di fenomeni di interdizione), seppur indotta, ma suscitata non a caso nei decenni in cui il fenomeno dell’immigrazione ci ha messo di fronte alla presenza dell’«altro», a far sì che negro, oggi, appartenga ormai alla sfera del vituperio.

Perché è nella prassi che negro è generalmente avvertito dai parlanti come offensivo, discriminante: sia da chi lo utilizza, consapevolmente, per insultare, sia da chi lo riceve, come epiteto.

Il punto vero è che, al di là di opzioni più o meno accettate, sarebbe meglio specificare il colore della pelle SOLO se effettivamente necessario ai fini della comprensione del messaggio o dell’informazione che si vuole trasmettere.
Non certo per nascondere una caratteristica fisica; semmai, al contrario, per non rimarcarla quando non serve.
Come si fa, d’altronde, comunemente con tutte le altre pigmentazioni: quante volte ci è realmente capitato, o ci capita di dover specificare che qualcuno è “bianco”, o appartiene al gruppo dei “bianchi” ?

Quindi, la parola “negro” non é offensiva in quanto tale, ma lo é diventata e viene usata oggi con disprezzo, per offendere ed emarginare.

Per questo, dobbiamo bandirla dal nostro vocabolario.
Qualcuno lo vada a spiegare a quel vecchietto rimbambito.