MINISTRA GELMINI CONTRO IL MERIDIONE

DI GIOACCHINO MUSUMECI

 

Tra le cose più infauste che potrebbe realizzare il governo Draghi c’è il decreto Gelmini, l’atto conclusivo di mortificazione del meridione ad opera di una ministra impersonale, portavoce del peggio nel panorama politico odierno.
Dopo aver disintegrato la scuola e averla resa un pollaio mentre Berlusconi si impegnava nel distruggere ciò che restava del paese, oggi rifiorisce dal nulla Mariastella Gelmini. Scongelata da Mario Draghi la ministra, di cui potremmo parlare per l’irreversibile caducità dell’essere umano, s’è prodotta in un altra invenzione delle sue, probabilmente sotto dettatura dei vertici leghisti.
Il decreto concretizzerà il piano rincorso per anni dai separatisti legaioli che su un vascello carico di imbrogli e disuguaglianze veleggiano entusiasti verso l’abolizione dell’equità, sacro principio costituzionale. Ma cos’è in fondo la Costituzione se non un orpello al suprematismo settentrionale.
Secondo il decreto Gelmini le Regioni saranno finanziate in base al principio della spesa storica, il Settentrione che fin dai tempi dell’unificazione ha avuto di più, avrà sempre di più, il mezzogiorno s’accontenti di nulla o in alternativa di mafia, lo Stato dentro lo Stato di cui ci si è serviti per consolidare poteri e uomini, uccidere, attentare, costruire governi e sottogoverni, propagandare liberazioni e sottomissioni.
Il decreto Gelmini, su cui magari il meschino governo Draghi porrà la fiducia, è un’altra prova testimoniale di inadeguatezza dell’esecutivo. La risultanza di giochi di palazzo inutili oltre rovinare un paese fiaccato e prossimo alla disperazione.
Oggi l’Italia è una landa desertificata in cui i principi democratici sono prevaricati dal metodo del governo, dall’assenza di confronto parlamentare e non di meno da ingerenze mafiose sui cui premier e Presidente della Repubblica tacciono.
Una ragione in più questa per costruire e poi consolidare un area politica a Sx che si occupi finalmente di diritti sociali. E difficilmente in quest’area potrà confluire il Pd, le cui ragnatele di potere non guardano i cittadini se non in termini di consenso.
Questo scenario è un ulteriore stimolo a non concedere a Mario Draghi nessuna scappatoia sui nove punti che, anzi, necessiterebbero un ulteriore allargamento verso chiarificazioni decisive sul destino del meridione.
Ma mentre per la nostra biasimevole e controversa classe dirigente il problema è Giuseppe Conte, il destino di mezza Italia oggi è affidato a Maria Stella Gelmini.
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