Iran, crisi nucleare o colpo di Stato esterno mascherato?

DI PIERO ORTECA

REDAZIONE

 

Da REMOCONTRO –

Dietro la crisi iraniana c’è aria di colpo di Stato. Una spallata militare per rovesciare il regime degli ayatollah. L’arricchimento dell’uranio e la paura dell’atomica diciamo che sono la causa scatenante, ma non di urgenza tale da sfociare in una guerra devastante e dagli esiti imprevedibili. 

Qualcuno mente spudoratamente

L’Intelligence Usa a cui Trump dovrebbe dare ascolto parla di «anni prima che l’Iran assembli un ordigno nucleare funzionante». E invece il Presidente americano fa capire di volere agire subito, seguendo invece i ‘consigli’ del Mossad. Perché c’è disparita di vedute (profonda) tra i due Servizi segreti. Gli israeliani dicono (ma in verità lo sostengono da anni) «che è questione di settimane». Dunque, quanto c’entra (se proprio c’entra) l’atomica, in questo scontro, che sembra cercato e programmato per una escalation non solo limitata alla sfera nucleare? Facciamo rispondere gli stessi israeliani.

Israele confessa

Scrive Zvi Bar’El, sul quotidiano di Tel Aviv, Haaretz: «Mentre il Primo Ministro Benjamin Netanyahu considera di rovesciare la Guida Suprema iraniana, l’Ayatollah Ali Khamenei, deve prima considerare i molti leader alternativi a Teheran che faranno di tutto per sopravvivere. Rovesciare il regime iraniano è attualmente solo un sogno. Ma è diventato anche un obiettivo strategico, nonostante non ci siano prove che sia realizzabile. E se questo obiettivo venisse raggiunto, non c’è garanzia che il risultato non si trasformi in un incubo ancora più pericoloso». Quindi, Netanyahu e Trump mirano alla testa. Vogliono rovesciare il regime teocratico iraniano, liberticida e oppressivo quanto si vuole, ma comunque ‘sovrano’ e in grado di reagire. Scompostamente? Ancora non lo sappiamo. Il punto è proprio questo.

Domanda per Trump

E poi, l’altra domanda, politicamente imbarazzante, soprattutto per Trump: era proprio necessario approvare e collaborare (di questo si tratta) con un attacco che non ha un progetto definito di «way out», di soluzione, di uscita? In casa Usa c’è una palese spaccatura. Una parte del MAGA non condivide l’avventurismo bellico di Trump, visto come un tradimento degli impegni presi in campagna elettorale. Lui ha sconfessato i suoi Servizi segreti (Tulsi Gabbard) e si è chinato davanti al Mossad. Perché? Se roso dalla sua megalomania si è fatto convincere da ‘Bibi’ a ridare una «risistemazione epocale a tutto il Medio Oriente», allora siamo fregati. Netanyahu ha aperto l’Iran come fronte principale, distogliendo l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale da Gaza e dalla Cisgiordania, dove la pulizia etnica procede a tutto spiano. Tra l’indifferenza generale, a cominciare da quella di una sonnolenta e complice Europa.

Distrazione utile a troppi

La polarizzazione offerta dalla crisi del Golfo è manna dal cielo pure per Putin. Avete più sentito parlare degli bombardamenti quotidiani in Ucraina? Il vero problema di quest’ultima crisi persiana, però, è che nessuno ci capisce, ma tutti vogliono avere l’ultima parola. Così, molto sommariamente, Netanyahu ha incitato la popolazione iraniana a ribellarsi, scommettendo su una vittoria totale: prima bombardando e poi (d’accordo con gli americani) sostenendo un nuovo governo ‘amico’. Ragionamento pericoloso. Addirittura potenzialmente catastrofico, se Trump gli andrà appresso. Certo, nessuno ha la palla di cristallo, ma se gli esperti della stessa opposizione iraniana storcono il naso, allora la genialata del binomio “Bibi&Donald” potrebbe finire male.

Opposizione iraniana

«La risposta alla domanda se i leader israeliani possano o meno aizzare gli iraniani contro il loro governo è un sonoro no. Questa è, ovviamente, una richiesta assurda da parte di personaggi come Netanyahu e i suoi alleati, tra cui Reza Pahlavi, figlio dell’ex Scià, il cui regno del terrore paterno è stato rovesciato da una rivoluzione popolare». Lo scrive, come un cassazionista che estenda una sentenza senza appello, K. Ghorbanpour, opinionista di Haaretz. Il vero problema, secondo l’analista, è che i nemici dell’Iran tendono a sottovalutare la sua storia e la sua straordinaria resilienza. «La Repubblica Islamica e il regno dell’Ayatollah – dice ancora –  non sono sempre stati così saldamente consolidati come lo sono oggi. La guerra Iran-Irak ha offerto un’opportunità cruciale al regime nascente – allora circondato da disordini e fazioni contrapposte – di consolidare il potere e diventare sempre più autoritario». Non basta, dunque, bombardare ministeri, stazioni di polizia e depositi di carburante per fare ribellare un popolo di quasi 90 milioni di abitanti.

Dimensione nazional religiosa

Anche perché c’è una dimensione nazional-religiosa che sfugge alla nostra cultura occidentale. E qui Haaretz introduce una riflessione che dovrebbe essere sempre fatta: quella sulle crisi e sulle guerre pregresse, come nel caso del conflitto con l’Irak. «Sebbene molti iraniani fossero disillusi dal regime autoritario degli ayatollah – afferma Ghorbanpour –  consideravano Saddam Hussein la minaccia maggiore e i ’Mojahedin del Popolo Iraniano’. il MEK, la sua estensione. Una dinamica parallela potrebbe essere in atto ora. Oggi, sembra che nessun altro movimento di opposizione iraniano susciti un sospetto così profondo, tra le masse antigovernative, come il MEK. L’antico termine coranico monafiq – che significa ‘falso credente’ – dice l’esperto, è diventato intercambiabile con i membri del MEK, a seguito della campagna di propaganda del governo iraniano durante la guerra con l’Irak, che li ha dipinti come traditori. Gli appelli di Israele ai cittadini iraniani, ‘questa è la vostra opportunità di farvi valere’, suonano simili, mentre Gerusalemme bombarda le città della Repubblica Islamica». In sostanza, dice l’esperto, non c’è un vero e proprio nocciolo duro dell’opposizione al quale aggrapparsi e sul quale costruire la rivolta.

Regime rafforzato dalla guerra

«In momenti come questo – conclude Ghorbanpour – non c’è una polizia morale verso cui indirizzare la propria rabbia. Quando la tua stessa vita è in gioco, come puoi anche solo pensare di rovesciare il tuo governo? Persone che un tempo vedevo esprimere quotidianamente la loro frustrazione per l’inflazione, ora si concentrano esclusivamente sul porre fine all’aggressione israeliana». E mentre la Guida Suprema, Alì Khamenei, capita la piega presa dagli avvenimenti, potrebbe proclamare la ‘Guerra santa’, nuove rischiose sfide si profilano all’orizzonte per l’Occidente.

“Gli iraniani hanno fatto già sapere che sono pronti a bloccare lo Stretto di Hormuz e il petrolio. E non hanno paura di Trump. Stiamo parlando di gente, come i Basij, che, quando andava all’assalto dei campi minati irakeni (era morte sicura) lo faceva con una chiave al collo. Per entrare subito in paradiso.”

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Articolo di Piero Orteca dalla redazione di
19 Giugno 2025