Los Angeles: Trump muove anche i Marines e la democrazia Usa trema

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Rem dalla redazione REMOCONTRO –

Los Angeles: Trump muove anche i Marines e la democrazia Usa trema. Quinto giorno di proteste, la mobilitazione di altri 2.000 riservisti, e l’allerta per 700 Marines della vicina base di Camp Pendleton. Arresti di massa a Los Angeles, la sindaca impone il coprifuoco. Proteste a New York e Chicago

“Animali pagati da qualcuno”

Dopo aver chiamato i manifestanti a Los Angeles «invasori stranieri» e »criminali del terzo mondo» il presidente americano sostiene che ‘sono animali pagati da qualcuno’. Il Dipartimento di Polizia di Los Angeles ha annunciato che sono stati effettuati decine di arresti. Lo riporta la Cnn e riferisce l’ANSA. Centinaia di persone stanno protestando contro le autorità per l’immigrazione a New York, riferisce la Cnn. Al momento la manifestazione è pacifica e non c’è un ingente dispiegamento di forze dell’ordine. Cortei anche a Chicago, l’altra città dove su ordine di Trump l’Immigration and Customs Enforcement (Ice) ha condotto raid contro migranti illegali.

Governatore California: “democrazia sotto attacco”

«La democrazia è sotto attacco davanti ai nostri occhi. Donald Trump sta devastando il progetto storico dei nostri padri fondatori», ha detto il governatore della California, Gavin Newsom, in una dura critica contro le politiche migratorie dell’amministrazione Usa mentre a Los Angeles scatta il coprifuoco. «I regimi autoritari iniziano prendendo di mira le persone meno in grado di difendersi. Ma non si fermano qui – ha aggiunto -. Trump e i suoi fedelissimi prosperano sulla divisione perché permette loro di acquisire più potere ed esercitare un controllo ancora maggiore». Il governatore ha poi ha avvertito che la situazione che si sta sviluppando in California è solo l’inizio. «Questo riguarda tutti noi. Riguarda voi. La California potrebbe essere la prima, ma chiaramente non finirà qui. Altri Stati saranno i prossimi», ha detto.

Tutto contro la democrazia

«Dopo aver strumentalizzato l’economia mondiale, il sistema universitario e la cooperazione internazionale in una rappresentazione conflittuale a tutto campo, il presidente degli Stati Uniti sta innescando nella seconda città d’America il prossimo atto della mutazione totalitaria del paese», riporta Luca Celada sul Manifesto. Non cessa di sottolinearlo il governatore della California, Gavin Newsom, che via social ha informato che il grosso delle truppe resta per ora acquartierato in locali di fortuna in attesa di ordini. Il governatore, sostenuto da una petizione firmata dai governatori di ogni stato democratico, ha querelato il governo federale confutando il commissariamento dei riservisti dello Stato.

Trump despota cerca la prova di forza

“Ufficialmente le truppe sono state attivate per «riportare la pace» in quella che Trump definisce «città dilaniata dalla violenza» ma, come ha scritto Newsom, il presidente «non cerca pace ma piuttosto la guerra», definendo «squilibrata la decisione del segretario della difesa Pete Hegseth. Trump dal canto suo non ha escluso l’idea ventilata dallo «zar della deportazione» Tom Homan di arrestare il governatore.”

La seconda città d’America

“La sottomissione della seconda città del paese alla volontà univoca del governo rientra nella narrazione dell’invasione di stranieri che stanno «scardinando il tessuto stesso della società» e nella criminalizzazione di chi non la sottoscrive. Come ha sostenuto la ministra Kristi Noem: «Più che una città di immigrati abbiamo a che fare con una città di criminali».”

La ministra “criminale”

L’escalation continua delle provocazioni intanto non fa che alimentare la volontà di difendere la propria città dal sopruso. Le proteste continuano quotidianamente soprattutto nel distretto del centro, un perimetro di una decina di isolati fra la vecchia missione spagnola e il complesso giudiziario federale fra Temple, Alameda, Los Angeles streets e l’autostrada 101. È qui che sono dislocati i cordoni della guardia nazionale di fronte ai quali si concentrano le folle, di solito qualche centinaia di persone, molti giovani, studenti, ispanici, ovviamente in questa città a maggioranza di latinos, ma decisamente multietniche e intergenerazionali, unite da un senso solidarietà che rimanda alle grandi manifestazione di Black Lives Matter di cinque anni fa. Le richieste sono sempre le stesse: ritiro degli agenti federali e stop ai rastrellamenti indiscriminati che mirano a seminare il panico.

La città degli angeli e il diavolo di Washington

La realtà espressa da Bass è che al di là delle proteste, che verso sera vengono invariabilmente disperse dalla polizia con strascico di tafferugli e qualche arresto, non si intravede il modo di disinnescare la tensione senza un passo indietro del governo dall’insistenza di arrestare e far sparire chiunque abbia commesso il reato di «non essere in regola». Imporre questa modalità in una città col 30% di 14 milioni nati all’estero e potenzialmente un milione e mezzo di persone senza documenti equivarrebbe ad un’insostenibile deflagrazione sociale.

Governo alla israeliana

Da Washington non si percepisce tuttavia alcun segno di compromesso. Le persone detenute, compresi minorenni, sono mantenute segregate senza accesso a legali e senza notizie sulla loro ubicazione. Sembra confermata la loro presenza anche in locali di fortuna nel Federal Building, il centro direzionale non certo preposto alla detenzione, a volte senza accesso a bagni e cibo. In altre occasioni le persone vengono spostate nottetempo verso Cpr senza notifica alle famiglie che chiedono informazioni sui propri cari. Al Metropolitan Detention Center è stato negato l’accesso anche ai parlamentari democratici Maxine Waters, Jimmy Gomez e Norma Torres che a rigor di legge ne avrebbero titolo.

Prove di colpo di Stato

«Quattromila soldati della guardia nazionale e settecento marines a Los Angeles, prova generale e inizio di un’operazione militare su vasta scala, una guerra non più solo metaforica, ma reale, che Trump intende condurre con fredda consapevolezza», l’allarme di Guido Molteno. Per annientare – «obliterare», per usare un suo termine -, anche con la forza militare, ogni forma di opposizione, politica e sociale. Ora appare ancora più chiaro il perché della rimozione dei massimi vertici militari, una delle prime decisioni prese dopo l’insediamento, irrituale per velocità e disprezzo delle forme. Via il generale Charles Brown, il primo nero a ricoprire la carica di capo degli stati maggiori riuniti. Via la scorta al generale Mark Milley, il predecessore di Brown, distintosi per essersi opposto alle manovre golpiste di Trump nel suo primo mandato e per aver ammonito sul rischio di una torsione autoritaria di un suo secondo mandato.

Il governo dei fedelissimi

Ed ecco il nuovo capo del Pentagono, Pete Hegseth, alcolista e molestatore, che in quattro mesi ha fatto piazza pulita in tutti i posti apicali della Difesa. E con lui Dan Cain, il nuovo capo delle forze armate, il primo a ricoprire il massimo incarico militare senza neppure essere un generale a quattro stelle. Non ci vorrà molto per capire fino a che punto è arrivato il repulisti nel Pentagono e se è tale da annientare ogni possibile forma di resistenza interna alla folle avventura di soldati e marines che dovrebbero sparare contro inermi concittadini.

Il banco di prova dell’aspirante dittatore

American Psycho lo chiama Fabrizio Tonello: «Trump ha molto bisogno di una crisi da sfruttare per far dimenticare i sistematici fallimenti nei primi mesi di regno». I suoi Executive Orders sono stati quasi tutti bloccati o cancellati dalla magistratura federale nonostante una Corte suprema amica. L’inflazione è in crescita, i dazi hanno creato caos sui mercati senza alcun beneficio (e con danni significativi per le decine di milioni di americani i cui risparmi sono investiti a Wall Street). Il bilancio federale è passato alla Camera ma probabilmente affonderà in Senato. In politica estera, la promessa di ottenere la pace in Ucraina «in 24 ore» è più lontana che mai mentre il genocidio a Gaza continua senza che si veda una qualche iniziativa di Washington.

Prove di guerra civile?

L’anima nera dell’amministrazione Trump, il suo braccio destro Stephen Miller ha più volte avanzato l’idea di bollare il problema dei migranti irregolari come una «invasione» e quindi di sospendere l’Habeas Corpus, l’antichissimo diritto di qualsiasi imputato a comparire davanti a un giudice al più presto, mutuato dalla Common Law inglese. Nella storia americana c’è un solo precedente: quello di Abraham Lincoln durante la guerra di Secessione, ma si trattava appunto di una guerra e, tardivamente, la Corte suprema comunque sentenziò che il presidente non aveva il potere di sospendere queste garanzie costituzionali.

La Gestapo per l’immigrazione

“Los Angeles si ribella: «Fuori i fascisti». Non è un caso che siano la California e gli ispanici a far esplodere il bubbone delle politiche persecutorie e illegali di Donald Trump: a Los Angeles gli agenti dell’Ice, la Gestapo per l’immigrazione, hanno organizzato un raid non in un covo di presunti spacciatori, ma in un grande magazzino Home Depot, dove si vendono materiali da costruzione e prodotti per la manutenzione della casa. E dove la maggioranza dei dipendenti sono ovviamente ispanici, come tutti coloro che fanno lavori faticosi e malpagati in California.”

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Articolo a firma REM dalla redazione di

11 Giugno 2025