Il discorso

DI ALFREDO FACCHINI

Alfredo Facchini

 

Il discorso

«Io, il mio discorso l’ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me…»
È il 30 maggio 1924. Giacomo Matteotti, segretario del Partito Socialista Unitario, accusa apertamente il regime fascista. Dalla tribuna della Camera denuncia i brogli elettorali del 6 aprile.
Cercano di zittirlo: lo interrompono 44 volte con grida, insulti, minacce. Ma Matteotti non si ferma. Va avanti, determinato. Denuncia tutto: gli abusi, i pestaggi, le intimidazioni, la repressione feroce di ogni forma di dissenso. Tra i più aggressivi spicca l’onorevole Farinacci, capobanda degli squadristi cremonesi: «Faremo sul serio quello che non abbiamo fatto!»

«Ora preparatevi a fare la mia commemorazione.»

Uscendo dall’aula, Matteotti si rivolge al deputato Cosattini che lo accompagna: «Ora preparatevi a fare la mia commemorazione.»
Mussolini, irritato, bolla l’intervento come «mostruosamente provocatorio», e aggiunge che avrebbe meritato «qualcosa di più tangibile dell’epiteto di “masnada” lanciato dall’onorevole Giunta».
Qualcuno lo sente mormorare, con tono secco, definitivo: «Quando sarò liberato da questo rompicoglioni di Matteotti?»

Il 10 giugno 1924, Giacomo Matteotti viene rapito

pestato, pugnalato a morte da una squadraccia fascista. Il 12 agosto, un cantoniere che lavora lungo la via Flaminia, nei pressi della Quartarella, trova una giacca macchiata di sangue. È la sua. Ci vorranno altri quattro giorni per individuare il corpo. Il cadavere, raggomitolato in una buca, è ricoperto da un sottile strato di foglie e terra.

«Uccidete pure me, ma l’idea che è in me non l’ucciderete mai.»

La violenza non fu un incidente del fascismo. Non fu la sua deriva. Fu il suo fondamento. L’omicidio di Matteotti è la radiografia perfetta del regime. Dietro la retorica, le parate, gli slogan, c’era solo questo: sopraffazione.
Mussolini, ha fatto solo cose sbagliate.
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Alfredo Facchini