L’Europa si arma, ma cresce dello “zero virgola”

DI PIERO ORTECA

REDAZIONE

 

Da REMOCONTRO –

«Previsioni economiche per la primavera 2025: crescita moderata, in un contesto di incertezza economica globale». Gli accorti giornalisti dell’ufficio stampa, alla Commissione europea, giocano con le parole ma i numeri sono pietre. E nel commentare quello che ci aspetta nell’immediato futuro, si arrampicano sugli specchi.

I numeri sono pietre

I dati, purtroppo per noi europei sono quelli che sono, e confermano una crisi strutturale dei sistemi produttivi, che parte da lontano. Una crisi aggravata, a nostro sommesso giudizio, dalla mancanza di un’efficace risposta comunitaria. In sostanza e per farla breve, l’Unione e i suoi centri decisionali (compresa la BCE) si sono fatti prendere alla sprovvista da una «tempesta economica perfetta». E, poi, non sono stati in grado di reagire, per una questione di ‘disomogeneità’. Perché, al di là di ciò che sostengono i soliti vecchi tromboni, l’Europa (purtroppo) continua a soffrire di un deficit acuto di ‘convergenze’, che saltano fuori in clamorosa evidenza a ogni crisi ‘di peso’.

Dire che sarà dura, ma con grazia

Dunque, come scrive la Commissione, «l’economia dell’UE ha iniziato il 2025 con una base leggermente più solida del previsto. Si prevede che continuerà a crescere a un ritmo modesto quest’anno, con una ripresa prevista nel 2026, nonostante l’accresciuta incertezza politica globale e le tensioni commerciali». A parte il fatto che l’analisi comparativa tocca condizioni di partenza già di per sé depresse, l’Outlook, la previsione di Bruxelles accenna a una ‘solidità’ assolutamente immaginaria. Di più, come i polli di Trilussa, mischiando l’Eurozona col resto dell’Unione deforma le aspettative.

“Zero virgola”

Attenzione: parliamo di decimali. Perché, la verità incontrovertibile è che tutto il Vecchio continente è in crisi nera, e che stiamo ragionando su crescite dello zero virgola, se non di vere e proprie stagnazioni. «Le previsioni di primavera 2025 della Commissione – sostiene il documento – prevedono una crescita del Pil reale dell’1,1% nel 2025 nell’UE e dello 0,9% nell’area dell’euro, sostanzialmente allo stesso ritmo registrato nel 2024. Nel 2026, si prevede un’accelerazione della crescita all’1,5% nell’UE e all’1,4% nell’area dell’euro». Questo a grandi linee. Perché se facciamo qualche nome e cognome, bisogna mettere da parte le scienze statistiche e cominciare a fare gli scongiuri. Come i polli di Trilussa, infatti, l’Outlook quando entra nei dettagli, disaggregando le previsioni, fa capire che il futuro si presenta plumbeo per i Paesi più importanti e che la ‘media’ può anche significare, l’esistenza di una crisi economica ‘asimmetrica’.

I polli di Trilussa

È stata tagliata ulteriormente la stima di crescita della Germania, che avrebbe dovuto attestarsi per quest’anno intorno allo 0,7% del Pil, dopo essere calata dello 0,2% nel 2024. Invece, l’economia di Berlino, export-oriented, colpita al cuore prima dalla pandemia e poi dalla guerra in Ucraina (con relativo corredo di sanzioni commerciali) quest’anno rimarrà ferma. Zero per cento. Sembra uno slogan, che forse tornerà buono per ii novello cancelliere Friedrich Merz e la sua politica delle bombarde (e dei carri armati). Ma il riarmo fino ai denti della Wehrmacht, secondo Bruxelles farà aumentare il Pil tedesco solo dell’1,1% nel 2026. Miserie. Specie se si pensa che la Cina cresce al 5% e gli Stati Uniti, nonostante Trump, dovrebbero inquadrarsi tra il 2 e il 3%. Tra le altre grandi economie Ue, la Francia, tendenzialmente, crescerà dello 0,6% e dell’1,3% nel 2026, mentre l’Italia, rispettivamente, dello 0,7% e dello 0,9%. Un po’ meglio andrà la Spagna (+2,6% quest’anno) che nel 2026 toccherà un +2%.

L’inflazione

Grande incognita sarà ovviamente l’inflazione, una variabile capace di ‘impazzire’ nuovamente sotto i dazi di Trump. «L’inflazione complessiva nell’area dell’euro – pronostica la Commissione – dovrebbe rallentare dal 2,4% nel 2024 a una media del 2,1% nel 2025 e dell’1,7% nel 2026. Nell’UE, l’inflazione dovrebbe seguire una dinamica simile, partendo da un livello leggermente superiore nel 2024, per poi scendere di poco al di sotto del 2% nel 2026». Detto fra di noi, se i vaticini dell’Outlook pensano di indovinare il futuro partendo dal rialzo dei prezzi, allora forse è meglio ignorarli. Hanno fatto i conti senza l’oste. In una congiuntura finanziaria e commerciale così complessa, il dato più difficile da determinare (e da affrontare) sarà proprio l’inflazione.

Legittimo sospetto

Dopodiché, ci sorge il sospetto che il commento alle previsioni, oltre a indorare la pillola, sottolinei, quasi subliminalmente, le politiche di crescita raccomandate. «I rischi per le prospettive sono orientati al ribasso», avverte il documento, dando ragione alle nostre preoccupazioni. «Un’ulteriore frammentazione del commercio globale – prosegue l’Outlook – potrebbe mitigare la crescita del Pil e riaccendere le pressioni inflazionistiche. Anche i disastri legati al clima sono più frequenti e rimangono una fonte persistente di rischio al ribasso per la crescita.  D’altro canto, un’ulteriore distensione delle tensioni commerciali tra UE e Stati Uniti o una più rapida espansione degli scambi commerciali dell’UE con altri Paesi, anche attraverso nuovi accordi di libero scambio, potrebbero sostenere la crescita dell’UE».

“In cauda venenum”

“E per finire questa lunga tiritera, in cauda venenum, la stoccata finale: «Anche l’aumento della spesa per la difesa, potrebbe dare un contributo positivo». Beh, si era capito. In fondo, non c’era bisogno di scrivere un trattato di macro-economia, per dire alla gente come l’Unione Europea intende spendere i soldi dei suoi cittadini.”

.

Articolo di Piero Orteca dalla redazione di

20 Maggio 2025