“FARE FRONTE COMUNE PER DIFENDERE QUESTA COSTITUZIONE, SENZA SE E SENZA MA”

DI PIERO GURRIERI

REDAZIONE

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Roberto Scarpinato , intervento al 36° Congresso Nazionale dell’Associazione Nazionale Magistrati. 
“Questo congresso si svolge in una fase storica che definirei di emergenza democratica. Se assumiamo uno sguardo onnicomprensivo su tutte le riforme in cantiere, da quella sull’autonomia differenziata a quella sul premierato e a quelle che riguardano l’assetto della magistratura e l’esercizio della giurisdizione, si comprende come la posta in gioco sia totale e riguardi la sopravvivenza stessa del modello di democrazia repubblicana instaurato dalla Costituzione del 1948. Modello che, come hanno osservato i più autorevoli costituzionalisti italiani, da questa riforma viene scardinato nei pilastri fondamentali dell’unità nazionale, dell’equilibrio dei poteri, nell’indipendenza della magistratura, nel principio cardine della pari dignità e dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Dello stesso ethos anticostituzionale sono espressione anche tante altre leggi ordinarie, come quella che mira a sopprimere il diritto dei magistrati di eleggere i propri rappresentanti al Csm”.
“La storia attesta che una parte di questo paese ha sempre vissuto la Costituzione del ’48 come un corpo estraneo, non si è mai identificata nel suo quadro di valori. Si tratta di una parte del paese rilevante soprattutto per il suo peso politico, perché composta non solo da neofascisti confluiti nel Msi e nelle tante formazioni eversive della destra ma anche da quei settori delle classe dirigenti nazionali che avevano portato al potere e avevano sostenuto il fascismo. Settori del potere italiano che si sono poi opportunisticamente riciclati nel nuovo ordine costituzionale non condividendone i valori e operando al suo interno come una quinta colonna per frenarne e sabotarne l’evoluzione.
L’ostilità di questa parte dell’Italia nei confronti del nuovo ordine costituzionale non si è mai sopita, ha attraversato tutta la storia nazionale declinandosi non soltanto nelle forme palesi e incruenti di una politica condotta alla luce del sole nelle aule parlamentari, ma anche in altre forme occulte e violente”.
“Quando parlo di forme occulte, mi riferisco alla P2 il cui manifesto ideologico, il Piano di Rinascita democratica, è una summa esemplare di animosità anticostituzionale. Non è un caso che molte delle riforme in cantiere siano la calligrafica trascrizione di quel piano. Quanto alle forme violente di lotta politica diretta a sabotare la Costituzione mi riferisco alla sequenza ininterrotta di omicidi politici, di progetti di colpi di Stato, di stragi che hanno segnato tutta la storia nazionale del secondo dopoguerra che non ha eguali in nessun altro paese europeo. Stragi eseguite sotto una sapiente regia politica in momenti critici per frenare l’attuazione della Costituzione. Una violenza politica omicidiaria che ha travolto la vita di tanti magistrati proprio per la loro lealtà alla Costituzione, proprio per il loro patriottismo costituzionale”.
“Le campagne mediatiche contro Falcone, accusato di avere violato il dovere di parzialità e di essere un giudice politicizzato, la sua riduzione all’impotenza, prima all’Ufficio istruzione e poi alla Procura della Repubblica di Palermo, la discesa in campo contro di lui di quelli che lo stesso Falcone definì “le menti raffinatissime” mentre indagava sulle connessioni tra mafia, P2 e destra eversiva per gli omicidi politici di Mattarella, di La Torre e di Dalla Chiesa, non furono certamente opera di personaggi come Totò Riina. Furono invece complesse operazioni di sistema che chiamano in causa settori importanti dello stesso establishment di potere, da sempre nemico della legalità e della democrazia costituzionale.
Non si tratta di storia del passato: la parte di paese che non si è mai riconosciuta nei valori della Costituzione non è stata archiviata dalla storia, si è riprodotta nel tempo ed è arrivata sino ai nostri giorni. In questo contesto si iscrivono e appaiono come una riedizione aggiornata del passato le manovre di screditamento e le ripetute intimidazioni nei confronti della magistratura condotta apertamente da questa maggioranza politica con la discesa in campo di ministri e di vertici politici: manovre di intimidazione dirette a preparare il terreno per le riforme costituzionali che si annunciano e nel contempo a disciplinare quella parte della magistratura indisponibile a rinnegare il proprio patriottismo costituzionale“.
“Cosa fare? C’è un imperativo semplice e categorico che si impone a tutte le forze politiche e sociali autenticamente democratiche: fare fronte comune per difendere questa Costituzione senza se e senza ma. La sua difesa resta l’ultima spiaggia, il terreno elettivo della nuova Resistenza. Sino a quando questa Costituzione resterà in vita, sapremo da dove ricominciare. È come quando in un palazzo sfigurano la facciata, abbattono i tramezzi, però le fondamenta restano, se abbattono le fondamenta, non c’è più una casa comune”.
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Ve lo confesso, amici.
Sono rimasto impressionato dall’intervento di ieri, a Palermo, di Roberto Scarpinato, per questo non posso far a meno di riportare (quasi) ogni sua parola.
Scarpinato era un giovane pm dell’ufficio Istruzione fondato da Antonino Caponnetto, e poi portato a compinento da Giovanni Falcone. Ed io nel suo lucidissimo discorso, ritrovo il filo rosso – rosso come la passione, e come il sangue – attorno al quale si è dipanata, da ancor prima di Capaci in poi, la storia della Sicilia e quella d’Italia, perchè leggere e quando leggere non sia possibile, interpretare la storia siciliana equivale a leggere e interpretare, come in trasparenza, quella di tutto il paese. Come è riuscito a fare ieri Roberto, chiamando in causa anche altre vicende oscure: il piano di Rinascita democratica, lo stragismo, Gelli e la P2.
Le parole di Scarpinato andrebbero lette dovunque: nelle aule universitarie e nelle scuole, nei circoli e nelle sezioni. Andrebbero lette come, durante il fascismo, si leggevano Gramsci, Calamandrei e Sturzo; e come, durante la guerra, le lettere dei giovani partigiani condannati a morte dai tribunali di Mussolini, o fucilati senza processo e condanna, dalle squadracce o dai nazisti.
Perchè si sappia che ora, e non domani, è in gioco la tenuta democratica di questo paese, e sapendolo si faccia l’impossibile per fermarli.
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Piero Gurrieri tra la gente
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