TURCHIA SANZIONI A ISRAELE: POPOLI MUSULMANI OFFESI SUL FRONTE OCCIDENTALE

DI PIERO ORTECA

REDAZIONE

 

Dalla redazione di REMOCONTRO –

Anche la Turchia ‘in guerra’ con Israele. Guerra commerciale, ma come accade sempre il quella vera, la risposta di Israele è subito dura e per le rime. Ad aumentare le tensioni in un’area già sull’orlo di un collasso geopolitico. Ma questa volta a rompersi è il fronte musulmano chiave dell’Alleanza militare atlantica in Medio Oriente. E i turchi sono orgogliosi (e permalosi) almeno quanti quei loro vicini di casa decisamente problematici a Gaza.

Sanzioni turche contro lo Stato Ebraico

Sanzioni di un paese Nato ad Israele per la sua guerra a Gaza. Non solo contro Putin, e ora, qualcun altro tra meno Usa dipendenti Nato, potrebbero persino rilanciare l’idea in Europa. Ieri l’annuncio del governo di Ankara che –come da titolo di Haaretz-, non lasciare spazio ad equivoci: «Una decisione che le autorità di Ankara attribuiscono, in particolare, al rifiuto israeliano di consentire missioni umanitarie (lancio di rifornimenti agli sfollati) da parte dell’aeronautica turca». È stata la goccia che ha fatto traboccare un vaso fin troppo pieno di rancori e risentimenti con cui finora si era convissuti, in nome e per conto della ‘realpolitik’ Nato-Occidentale.

“Assicurare autorità israeliane alla giustizia”

Il Ministro degli Esteri, Hakan Fidan, aveva anticipato che la reazione turca, questa volta, sarebbe stata dura. «Oggi il mondo intero attende con ansia il giorno in cui le autorità israeliane saranno assicurate alla giustizia. Per la prima volta nella storia, tutti condannano Israele e maledicono i suoi crimini». Reazione verbale forte, modello mediorintere, ma la possibile denuncia ad un Netanyahu per crimini di guerra che diventa sempre meno astratta.

Sanzioni ed embargo

Ma, dalle minacce ai fatti. Ed il Ministero per il Commercio di Erdogan ha comunicato di avere preparato una lista di 54 prodotti, la cui esportazione verso Israele sarà momentaneamente bloccata. I prodotti includono, tra le altre cose, alluminio, acciaio, materiali da costruzione, carburante per aerei e fertilizzanti chimici. La reazione israeliana è stata immediata. Il Ministro degli Esteri, Israel Katz, ha fatto sapere che il suo Paese sta preparando le adeguate restrizioni commerciali, da applicare, in risposta, ai prodotti in arrivo dalla Turchia. «Erdogan – ha detto – per sostenere Hamas sta ancora una volta sacrificando gli interessi economici della Turchia. Non ci arrenderemo alla violenza e al ricatto». Poi Katz –vizio personale ormai noto-, si è un po’ allargato, minacciando di mettere sotto pressione il governo turco con gli alleati occidentali.

“Appello al Congresso Usa..” la minaccia estrema

«Katz ha anche affermato – scrive il quotidiano Haaretz – che Israele intende rivolgersi al Congresso degli Stati Uniti, per verificare se la Turchia abbia violato gli accordi commerciali con Israele e se debba essere sanzionata. Inoltre, Israele chiederà agli alleati e alle organizzazioni statunitensi di fermare gli investimenti turchi e di interrompere le loro esportazioni». In tutore Usa quando conviene e Katz a cui sfugga che quello della Turchia è episodio minore. Primo segnale di una realtà politica molto più complessa, con  gli analisti che segnalano le crescenti difficoltà, del Presidente Erdogan, a controllare gli umori popolari sulla guerra di Gaza.

Problemi nel mondo islamico filo occidentale

Il suo governo è stato attaccato recentemente da gruppi islamisti, conservatori e tradizionalisti, che trovano l’atteggiamento di Erdogan verso Israele duro nella forma, ma debole nella sostanza. Benché il ‘sultano’ si ritenga il campione dell’islamismo in doppiopetto, all’inizio della crisi di Gaza aveva usato toni incendiari verso Tel Aviv. Ma poi (come spesso gli capita) le minacce erano rimaste parole. Con grande stupore, come scrive il think tank ‘Al Monitor’, del blocco elettorale che sorregge il suo governo. Insomma, anche la Turchia ha vissuto la sindrome tutta mediorientale che potremmo definire «della piramide rovesciata», dove le scelte dei gruppi dirigenti non interpretano, quasi mai, gli umori della base popolare.

La reazione popolare musulmana

Ma questa volta, secondo Sinan Ulgen (Carnegie Endowment), «il governo ha dovuto operare questa scelta a causa della forte pressione dell’opinione pubblica». Anche perché una piccola formazione politica (il Nuovo Welfare), alleata dell’AKP di Erdogan, ha sottratto voti proprio al partito del Presidente, aggiudicandosi addirittura due grandi province, alle recenti elezioni amministrative. Scavalcato a destra e con la gente in piazza a manifestare, Erdogan ha dovuto forzare la mano e passare all’azione. Anche se, fanno notare i commentatori, continua a mantenere ancora un basso profilo, affidando la visibilità della battaglia ‘ideale’ contro Israele al Ministro Fidan.

“Certo, i problemi di politica interna per Erdogan sono stati moltiplicati dalla guerra di Gaza. Sabato scorso, tra chi protestava a Piazza Taksim, a Istanbul, c’era uno strano miscuglio di islamisti, conservatori e giovani progressisti sostenitori della Palestina. Tutti uniti dalla loro rabbia contro Israele. E tutti contro un governo turco ritenuto solo imbelle e parolaio”.

.

Articolo di Piero Orteca, dalla redazione di

10 Aprile 2024