LA RUSSIA DEL “DOPO WAGNER” IN NORDAFRICA

DA REDAZIONE

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Dopo la morte di Evgenij Prigozhin, tra le domande che si sono posti gli osservatori c’è stata anche quella di comprendere il futuro dell’impero Wagner in quello che era diventato l’obiettivo centrale della compagnia di contractors oltre la Siria e l’Ucraina, cioè l’Africa, dalla Libia a tutto il Sahel.
E questo perché oltre agli interessi di Prigozhin la Wagner rappresentava anche uno strumento nelle mani del Cremlino per garantire un avamposto in quel continente, segnala InsideOver

L’Africa nell’agenda russa

Subito dopo la scomparsa del leader della Wagner, la Federazione Russa ha messo subito in chiaro che l’Africa, vivente o meno Prigozhin, sarebbe rimasta al centro della sua agenda mantenendo lì una presenza di mercenari un tempo legati allo scomparso leader. E i vertici di Mosca, anche prima della morte di Prigozhin, hanno affermato la necessità di mantenere gli assetti africani della Wagner, sottolinea Lorenzo Vita. E questo valeva soprattutto per i teatri operativi come il Mali e la Repubblica centrafricana. Mentre per quanto riguarda la Libia, l’impressione è che il Cremlino abbia voluto mettere in chiaro un dato: ‘quegli uomini rappresentavano non sé stessi, ma la Federazione Russa’. E tutto ciò che era nelle mani della Wagner, adesso tornava a far parte dei programmi della Difesa di Mosca.

L’eredità della Wagner è russa

Il giorno prima che l’aereo di Prigozhin precipitasse con i vertici della Wagner in territorio russo, una delegazione guidata dal viceministro della Difesa Yunus-Bek Yevkurov era stata ricevuta a Bengasi su invito del maresciallo Khalifa Haftar. All’epoca Ria Novosti parlò di «incontro per la cooperazione nella lotta contro il terrorismo internazionale e ‘altre attività congiunte’». Ma l’impressione era che quel summit servisse per ribadire l’impegno russo a prescindere dalla presenza o meno della Wagner, certificata da diversi allarmi lanciati dal Pentagono.

Mosca e la Cirenaica

Secondo il Wall Street Journal i russi starebbero discutendo da settimane per avere accesso ai porti di Bengasi o Tobruk. Gli Stati Uniti sono in allerta, al punto che sempre il Wsj riferisce di una prossima missione del comandante di Africom, Michael Langley, e dell’inviato speciale Usa per la Libia, Richard Norland, per incontrare tanto Haftar quanto il primo ministro libico Abdul Hamid Dbeibah. La speranza della Casa Bianca è che la Cirenaica faccia fuori la Wagner. Il timore però è che la Wagner venga semplicemente sostituita dalle forze russe, lasciando quindi le forze di Mosca all’interno del triangolo dei Paesi del Sahel e dal vertice mediterraneo della Libia.

Nervo scoperto della Nato

Nonostante la guerra in Ucraina prosciughi notevolmente le risorse di Mosca, il Cremlino non sembra intenzionato a cedere sul fronte africano. Le alleanze resistono, e in generale molti Paesi tendono a evitare prese di posizioni nette nei confronti di Putin, pur non disdegnando accordi con l’Occidente. Un esempio è l’Algeria, uno dei più solidi alleati in campo energetico dell’Europa e in particolare dell’Italia ma anche uno dei maggiori partner africani della Russia a livello militare. Poche settimane fa, navi della flotta russa del Nord erano a Orano per una visita tesa a rafforzare l’immagine di amicizia tra Algeri e Mosca.

E arriva la Cia

“Pochi giorni fa, rivela ancora IsideOver, il capo di stato maggiore dell’esercito algerino aveva ricevuto una telefonata dal direttore della Cia, William Burns. Come riportato dall’Ansa, e i due recitano la parte sul «desiderio comune di rafforzare la cooperazione e il coordinamento tra i due Paesi nel campo della sicurezza». Mercato in corso”.

Ma quale Wagner?

Molti militari golpisti africani sono legati agli Stati Uniti che li hanno addestrati, sostiene Giampaolo Cadalanu su Analisi difesa.  Con questa teoria: «la fine dei sogni dell’indipendenza per gli stati post coloniali creati su modello europeo con tanto di welfare. Oggi questi paesi sono del tutto impoveriti, fra interessi privati, pressioni clientelari e privatizzazioni richieste dalle istituzioni finanziarie internazionali e cavalcate senza scrupolo dalle aziende multinazionali già negli anni ’90». Da qui lo spazio per il modello di ‘ordine’ populista proposto dai generali con richiami nazionalisti.

Golpisti all’americana

“Secondo un’indagine di Responsible Statecraft, almeno 15 gli ufficiali addestrati negli Stati Uniti e con stretti rapporti con Washington sono coinvolti nei 12 colpi di Stato in Africa occidentale e nel Sahel dall’inizio dell’intervento statunitense in Africa per combattere le milizie jihadiste nel 2002”.

 

Articolo dalla redazione di

16 Settembre 2023