AFRICA POST COLONIALE: IL TRAMONTO DELLA FRANCIA E DELL’EUROPA

DA REDAZIONE

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La presenza della Francia in Africa, in quei Paesi che erano stati un tempo sue colonie e con cui comunque Parigi era riuscita a mantenere un legame. Stati ‘francofoni’ che si impegnavano a rimanere nella zona di influenza della Francia, accettando limitazioni non soltanto nella politica estera ma anche in quello più delicato della politica interna ed economica. La Francia ‘Paese guida’, con il sistema del ‘Franco d’Africa’, moneta teoricamente locale ma garantita, e quindi controllata, da Parigi. La sicurezza dei vari Paesi era inoltre garantita dalla presenza sul territorio di reparti dell’Armée. Tutto finito.

Il quasi impero africano di Francia svanito

Controllo economico e quindi politico attraverso il ‘Franco d’Africa’, e una spesso ingombrante presenza militare di qualità, segnala Giuseppe Cucchi su Analisi Difesa. Che racconta di come gli ordini per quei reparti militari in caserme molto prossime alla Presidenza del paese africano e all’Ambasciata francese, erano di una chiarissima semplicità: «In caso di torbidi impadronirsi immediatamente del Presidente in carica e della sua famiglia, trattandoli con estrema gentilezza ed offrendo loro totale protezione. Nel contempo contattare tramite l’Ambasciata il Quay d’Orsay per sapere se la Francia appoggia il Presidente o i rivoltosi e ricevere adeguate istruzioni».

La Francia arbitro sui potenti locali

Di fatto, la Francia come arbitro della possibilità dei politici locali di accedere al potere e di rimanervi a lungo, in quei Paesi che Parigi considerava fondamentali come il Senegal, il Camerun, la Costa d’Avorio ed il Niger, per stare alla stretta attualità. Come compenso per tale ‘padrinato’ e alle restrizioni che esso imponeva, di fatto soltanto due speranze, denuncia Giuseppe Cucchi. Il legame del franco d’Africa con il franco francese prima, con l’euro con agevolazioni verso l’Unione Europea. Seconda giù citata, la presenza armata francese a garanzia dei potenti locali fedeli a Parigi, con le Forze Armate locali spesso prive di equipaggiamento militare adeguato.

Benessere e sicurezza alla francese

Garantire all’Africa francofona, l’accesso al benessere da un lato e ad una condizione di sicurezza dall’altro. «A ben guardare, le medesime promesse, implicite, che noi paesi della NATO e della Unione Europea abbiamo fatto, dopo il crollo del Muro di Berlino, agli altri Stati Europei del blocco comunista», l’acuta osservazione dell’ex generale e attuale docente universitario. Ma in Africa la Francia non ne è stata capace.  E le condizioni economiche dei paesi francofoni sono costantemente peggiorate nel corso dell’ultimo decennio. Paesi e popoli costretti a scegliere tra il morire, l’emigrare o ribellarsi.  Ed è ciò che sta accadendo attualmente, anche se attraverso golpe e altri pericolosi percorsi di aiuti e alleanze.

Francia, orgoglio e debolezza

«Ciò che Parigi non è riuscita a capire è stato come l’universalità del richiamo religioso estremista, innestato su una condizione di malcontento, conferiva ai movimenti di rivolta una ampiezza che la Francia da sola non sarebbe stata in condizione di fronteggiare». Sarebbe servita una maggiore presenza ed influenza di altri paesi europei nell’area, considerata da Parigi inaccettabile. «Persino noi italiani, dopo aver tentato invano di ottenere condizioni possibili per l’inserimento in Niger di un nostro contingente, siamo stati costretti a lasciar cadere l’idea di una cooperazione paritaria con la Francia ed abbiamo cercato accordi separati con altri paesi presenti in area».

Tensioni oriente-occidente

Ad escludere quasi di fatto la Francia dal Sahel, la crescente tensione fra l’Occidente, la Russia e la Cina, che ha permesso a parecchi Stati locali di affidarsi alla formazione mercenaria della Wagner, strumento di punta della politica russa nella regione. Dall’Africa francofona se ne è andata per prima la Repubblica Centroafricana, seguita poi da Mali e Burkina Faso, «mentre il Niger dopo il recente colpo di stato rimane per il momento ancora nel limbo». Rischi dell’ancora incerto intervento armato dell’Ecowas, l’organizzazione regionale del Golfo di Guinea, guidata dalla Nigeria, il gigante dell’Africa Occidentale. Al Sperando che il rimedio non si riveli peggiore del male. Problema segnalato dal già esperto delle Nazioni Unite per l’area: «… le truppe nigeriane godono di una consolidata fama di gestire ogni loro intervento con particolare rudezza».

Analisi conclusiva

“A media e lunga scadenza, un lavoro che dovrebbe impegnare a fondo tutti noi europei, Francia in testa ma non solo, che il periodo del colonialismo è definitivamente terminato, sotto qualsiasi forma, e che soltanto un accordo corale e paritario con gli Stati africani potrà consentirci nel futuro di progredire di pari passo con grande vantaggio reciproco”.

 

Articolo della redazione di

12 Agosto 2023