ISRAELE A DESTRA RELIGIOSA PER LA CONTRORIFORMA GIUDIZIARIA FA A BOTTE COL RESTO DEL PAESE

DA REDAZIONE

REDAZIONE

 

 

Con il voto di tutti i 64 deputati della maggioranza di estrema destra religiosa, il governo Netanyahu comincia a ridurre i poteri dei giudici. Ma nel paese le proteste si moltiplicano. I reparti antisommossa, con i cannoni ad acqua, molti feriti e quaranta arresti.

Post democrazia in Medio Oriente

La Knesset approva la prima parte della controriforma giudiziaria. «Ricorreremo alla Corte suprema contro questa legge impropria, contro la maniera antidemocratica e prevaricatrice con cui sono stati condotti i dibattiti nella commissione parlamentare per le questioni costituzionali». Il capo dell’opposizione, l’ex premier Yair Lapid, dopo il voto della Knesset che ha approvato la legge che limiterà la «clausola di ragionevolezza» esercitata dai giudici della Corte suprema sulle decisioni più controverse di premier, governi e ministri. Una battaglia democratica in corso da 29 settimane nelle strade di Israele, sottolinea Michele Giorgio sul Manifesto, e che potrebbe avere un’ulteriore svolta. «Accadrà se la Corte suprema, presa di mira dall’esecutivo di estrema destra religiosa, boccerà la nuova legge». Lo sviluppo più concreto è che dalla protesta –scelta governativa di repressione dura-, si passi rapidamente allo scontro anche fisico se non armato.

Protesta irriducibile

Migliaia di manifestanti hanno bloccato la tangenziale Begin a Gerusalemme che è stata riaperta solo dopo un pesante intervento della polizia. «Il primo ministro è prigioniero della coalizione (di estrema destra). Noi nei nostri slogan invochiamo ‘Democrazia Democrazia’, gli altri, quelli che vogliono questo colpo di stato, invece desiderano una teocrazia», l’accusa gridata. Per lo sgomento dei comandi delle Forze armate, altri riservisti si sono uniti alle migliaia di ex militari – tra cui piloti e avieri – che nei giorni scorsi avevano annunciato la sospensione del servizio volontario e la decisione di non rispondere al richiamo annuale. Un passo che in un paese militarista come Israele, con un servizio di leva obbligatorio per uomini e donne, ha un profondo impatto anche sociale.

Democrazia, ma solo ebraica

Anche nelle manifestazioni di ieri non è mai stata nominata la questione dell’occupazione militare israeliana dei Territori palestinesi. Anche per questo è minima la partecipazione alle proteste della nutrita minoranza palestinese nello Stato ebraico. La metà degli israeliani affermano di voler difendere Israele come Stato democratico ma allo stesso tempo oscurano, o fingono di non vedere, che questo «Stato democratico» da 56 anni occupa le terre e la vita di milioni di palestinesi.

Netanyahu ostaggio

Da tempo si dice che Netanyahu sia favorevole a un accordo con gli oppositori della riforma, a differenza di altri esponenti della coalizione contrari a «cedimenti». Estremisti capeggiati dal ministro della giustizia Yariv Levin, teorico del progetto di legge contro i giudici. Pochi però credono nella serietà delle intenzioni del primo ministro e nelle sue effettive capacità di manovra nella maggioranza. Secondo Lapid, «Netanyahu è una marionetta nelle mani di estremisti ed ebrei messianici».

Le perorazioni americane

Dubbi anche sulle condizioni di salute del premier che nei giorni scorsi ha avuto un malore, problemi cardiaci con l’applicazione di un pacemaker. Netanyahu, sostegno molti analisti, è così politicamente debole «da non essere in grado, di ascoltare il presidente Usa Joe Biden che lo esorta a non affrettare i tempi della riforma». Comunque sia, in un comunicato diffuso ieri sera, Netanyahu ha difeso la legge appena approvata promettendo imprecisati futuri compromessi con le opposizioni.

Netanyahu e le “nuove tribù israeliane”

«Le nuove tribù di Israele», come amano chiamarsi. Il movimento pro-democrazia, gli ultraortodossi, i sionisti religiosi, gli arabi-israeliani che si stanno fronteggiando sul campo di battaglia di un provvedimento legislativo che percepiscono come un pericolo incombente sulla casa comune, denuncia Barbara Uglietti su Avvenire. «Molti che ora si chiedono cosa sia successo nella testa di un uomo che ha saputo tenere per vent’anni, con polso fermo, il Paese più complicato del mondo».

Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme

«Tipica empasse della politica israeliana: vogliamo un Paese solo per gli ebrei o un Paese ebraico e democratico, aperto alle minoranze che vogliano collaborare?»

Domanda di Barbara Uglietti: ‘Netanyahu farà un passo indietro?’

«Credo di no. Lo scenario a cui penso è quello, tragico, del governo Tambroni, nel 1960. Per la prima volta dal 1945 incluse il Movimento Sociale insieme alla Democrazia cristiana. Cominciarono grandi sommosse in molte città. Ci furono morti, a Genova e in Sicilia. Con il sangue nelle strade, il governo dovette dimettersi. Spero davvero di non dover vedere qualcosa del genere in Israele».

 

Articolo a firma “rem” dalla redazione di

25 Luglio 2023