G20 DEL TESORO: MINISTRI E BANCHIERI CENTRALI TRA INFLAZIONE E RECESSIONE

DI PIERO ORTECA

REDAZIONE

 

 

Banchieri centrali e Ministri delle finanze e banchieri centrali del G20 riuniti in India, come medici chiamati a consulto al capezzale dell’economia mondiale malata e discutere delle migliori terapie. Se ce ne sono. La dibattuta questione del rialzo dei tassi d’interesse, il conto del denaro, contro l’inflazione: eccesso di terapia e recessione? E poi, indebitamento, sostegno allo sviluppo, problemi energetici e degrado ambientale.

Diagnosi non rassicuranti

Una diagnosi era stata già parzialmente anticipata da dati statistici non proprio incoraggianti. Il motore produttivo del pianeta dà segni di cedimento e, in particolare, il settore manifatturiero, l’attività industriale che assorbe più occupazione, sembra quello in maggiore crisi. E secondo il Wall Street Journal, l’Europa sta scivolando in recessione, anche se si tratta di un fenomeno ‘a macchia di leopardo’. È la profonda crisi della Germania  (-1,3% di Pil nell’ultimo quarto e inflazione intorno al 6,4% ) che si sta tirando appresso, ‘psicologicamente’, il resto del continente. Tanto da fare scrivere, al giornale americano, che «l’impatto della guerra in Ucraina potrebbe essere stato più profondo del previsto».

Convitato di pietra, la Cina

Ma in India si è anche parlato di un ‘convitato di pietra’ dell’economia mondiale, che finora ha fatto mancare il tanto atteso rimbalzo post-Covid: la Cina. Lunedì prossimo tutti si aspettano annunci roboanti da Pechino, a cominciare da una crescita stimata intorno al 7% del Pil, nel secondo trimestre. Ma non è tutto oro quello che luce. Gli specialisti dicono che, gratta gratta, sotto la vernice della propaganda politico-ideologica il colosso asiatico è ancora in difficoltà. La domanda è bassa e le esportazioni arrancano, tanto che la Banca di Cina è dovuta intervenire per tagliare i tassi, il costo del denaro. E questo nonostante i debiti giganteschi di molte amministrazioni pubbliche locali.

Svalutazione pilotata?

Di più. Qualcuno sospetta una svalutazione ‘pilotata’ dello yuan, proprio per riguadagnare competitività e mercati. Anche se, visti gli attuali indicatori statistici, bisogna prendere atto che «la Cina fabbrica del mondo», per ora, sta funzionando a mezzo servizio. Janet Yellen, Ministra del Tesoro Usa, la vera testa pensante economica dell’Amministrazione Biden, l’ha capito e ha voluto fare alcune puntualizzazioni. Riconosce l’importanza della Cina come polo stabilizzatore del mercato mondiale, grazie alla sua capacità di creare una massiccia domanda. Però avverte che è ancora troppo presto (nonostante l’incipiente recessione globale) per modificare la pesante politica dei dazi doganali imposti da Biden. Un vero Muro di Berlino commerciale, che grava su 350 miliardi di dollari di esportazioni cinesi negli Stati Uniti. Il clima tra le due superpotenze rimane quindi sfavorevole.

“Modello Vietnam”

Per questo, dopo il suo viaggio a Pechino, la Yellen ne ha fatto un altro in Vietnam. Vuole diversificare la catena di approvvigionamento produttivo, appoggiandosi agli ex acerrimi nemici di Hanoi. Diventati partner commerciali straordinari, non solo degli americani, ma di tutti quelli che portano dollari. Il ‘modello Vietnam’ sta crescendo in tutto il sud-est asiatico e tocca molti altri Paesi. Un fenomeno, di cui si è parlato anche al G20 indiano, che purtroppo non si riesce a esportare in Africa, cioè il continente che, a questo punto, diventa l’anello debole della catena recessiva. Ecco perché, a Gandhinagar, oltre a parlare di macroeconomia, di scienza delle finanze e di teoria dello sviluppo, si sono anche tracciate nuove strategie per affrontare le sfide geopolitiche della diseguaglianza planetaria.

Tra rigore economico ed esigenze sociali

In tutto questo, sullo sfondo, si intravede la contrapposizione tra due scuole di pensiero, che negli ultimi mesi si sono confrontate anche con asprezza. La visione monetarista classica che, al di là di tutti i distinguo di facciata, è sostenuta dall’Occidente (Stati Uniti in primis, ma anche, tradizionalmente, dalla Germania) che punta alla stabilizzazione dei cambi e al controllo dell’inflazione. Obiettivi ottenuti mediante un rialzo dei tassi di interesse, che però hanno come effetti collaterali ricadute recessive. Il secondo approccio è quello che, oltre alle ‘partite doppie’ e alla integrità dei bilanci, guarda soprattutto alle ricadute sociali dell’economia. E ai suoi dirompenti effetti-domino sugli equilibri soprattutto dei sistemi ‘in formazione’. Cioè quelli del Terzo mondo. Che se non potranno sopravvivere decentemente, cercheranno alternative e nuove terre.

Governanti e “Governatori”

Per questo, a discutere del futuro del pianeta, oltre ai responsabili politici, in India c’erano anche i governatori delle banche centrali. I primi, dipendono da quello che decidono i secondi. E tutti dipendiamo dalla capacità del sistema internazionale di evitare che ognuno si chiuda, per difendere il proprio ‘particolare’. D’altro canto, la diagnosi anticipata fatta da Kristalina Georgieva, Amministratore delegato del Fondo monetario internazionale, non lascia certo tranquilli:

«Mentre le prospettive per l’economia mondiale sono contrastanti nel breve periodo, in un arco di tempo più lungo, le nostre previsioni rimangono fosche».

 

Articolo di Piero Orteca, dalla redazione di

21 Luglio 2023