E LEI SORRIDE…

DI LEONARDO CECCHI

LEONARDO CECCHI

 

Io ho 32 anni e come tanti italiani nel lavoro e nell’onestà ci ho sempre creduto. Sono parte di quella categoria che se tornando dal supermercato si rende conto di aver accidentalmente dimenticato di pagare qualcosa che costava 90 centesimi di cui nessuno si renderà conto, torna subito indietro per pagarla, scusandosi.
Ho sempre creduto che a fronte di onestà, lavoro duro, impegno, coerenza e rispetto, le strade prima o poi si aprano. Perché c’è un giusto e c’è uno sbagliato e alla fine essere persone perbene paga, o almeno non ti arreca danni.
Ma più guardo a tutto questo, più mi viene da mettere in discussione questa morale.
Non posso archiviarla, perché fa parte di me.
Ma ti viene da maledirla quando apri gli occhi sulla situazione reale.
La situazione reale di cui questa signora ne è splendido esempio.
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Ieri sera a Report c’era infatti da mettersi le mani nei capelli.
TFR non pagati a dipendenti, aziende fatte fallire, speculazioni di ogni sorta, intrecci ambigui e torbidi con fondi d’investimento stranieri. Tutto sulla pelle della povera gente ridotta alla disperazione. Roba che quando l’ascolti, se non sapessi di chi parla, ti diresti “Vabbè, sarà in galera”.
E invece il nome lo sai e sai che l’hanno fatta Ministro.
E lei sorride, è sempre contenta.
Le fanno domande, sorride.
Tranquilla, beata, pasciuta, frizzante.
Di più: si lamenta anche del fatto che sia lo Stato a strozzare le persone come lei. Ha la forza, l’immensa, enorme, titanica forza di sapere cosa ha fatto nella sua vita, di aver lasciato alla fame persone innocenti che magari si fidavano anche di lei, e di vivere comunque serena e al massimo indispettita da torti o ingiustizie che lo Stato avrebbe fatto a lei.
Io mi sarei sotterrato dalla vergogna. I sensi di colpa mi avrebbero divorato togliendomi il sonno.
Lei sorride sempre.
Questa la sua forza. Sua e di tutti gli altri come lei di cui questo Paese straborda. E che finiscono puntualmente al vertice.
Facciamoci forza e non molliamo.
Archiviare chi siamo non possiamo farlo.
Ma sfogarci e non arrenderci sì.