IL PD E LA “BASE RIFORMISTA”

DI GIANCARLO SELMI

Giancarlo Selmi

 

La notizia che Piero De Luca, figlio del ras campano, per decisione della Schlein e della sua Segreteria, fosse stato sollevato dall’incarico di vice capogruppo parlamentare, ha sollevato un vespaio. Molte le levate di scudi, fra le quali quella dell’armaiolo Guerini, “quinta colonna” del renzismo (con annessa fedeltà a Renzi) dentro il PD, padre putativo della rivolta dimaiana, sospetto alfiere del “Conticidio” dentro quel governo e capo della ormai famigerata corrente “base riformista”.
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A lui si è aggiunta, in un trilionesimo di secondo, Marianna Madia, già ministra con Renzi e con Gentiloni, già membro della segreteria ai tempi dell’impero renziano. E qualcun altro. Tutti uniti dal vincolo dell’appartenenza alla radice renziana di quel partito. Gente che, in un confronto, farebbe diventare Mulè un pericoloso comunista e Forza Italia il partito dei lavoratori. Sono gli stessi che votano sì alla transumanza di fondi dalle politiche sociali all’acquisto di munizioni. Non mi stupirei se fossero anche fra quelli che votarono per La Russa Presidente del Senato.
Il PD rimane un partito di centro-destra nonostante l’elezione di Schlein. Nonostante le buone intenzioni della Schlein, Segretaria di un partito che la odia. E rimarrà così fino a quando la Schlein non adotterà lo stesso metodo che adottò Renzi nel suo insediamento. “Qui comandiamo noi e chi non è d’accordo conosce la strada”, disse il principe dei digiuni (non si è mai capito quanto fossero veri) Giachetti, in una celebre riunione di Direzione, rivolto a Fassina. Schlein ha parlato di lotta ai “caminetti” (correnti), dovrà andare in fondo se vorrà incidere veramente nella linea politica del suo partito.
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Il PD, sia a livello territoriale che nazionale, è un partito contaminato da comitati di affari, lobbies e personaggi che da un partito di sinistra dovrebbero stare alla larga. Le priorità di quella gente non sono certamente quelle della difesa degli ultimi e di una rifondazione del welfare e dei diritti sociali. Unici temi e programmi che potrebbero costituire un argine all’esondazione di questa destra.
La gente non va a votare perché ormai ritiene che siano tutti uguali. Considerando l’attuale PD è difficile dare loro torto. Le chance di successo della Schlein sono legate alla sua capacità di assertività e di rifondazione. Fino ad ora non ha dimostrato né l’una, né l’altra. Cacci via “base riformista” e tutti i renziani dal partito democratico; usi il metodo “De Luca” con tutti, non perderà un voto, anzi. Recupererà voti. E lasci stare Fazio e l’Annunziata. Alla gente che non riesce ad avere il pranzo e la cena, quei due destano interesse quanto lo facciano i pipistrelli nani dell’Atollo di Vattelapesca.
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In quanto al Movimento 5 Stelle, prima di parlare di campi larghi, campi santi o campi giusti, dovrebbe stare alla finestra e valutare le effettive evoluzioni di quel partito. Giuseppe Conte lo sta facendo, qualche vicepresidente e qualche coordinatore stanno mostrando una fretta inopportuna e, secondo me insensata. Il risultato delle recenti elezioni lo dimostra. Pensino a recuperare attivisti e rapporto con i territori; pensino ad ascoltare e recepire le istanze della base; pensino a ricostruire un rapporto che si è perso. Di “campi” parleremo quando diverrà giusto ed opportuno parlare. Con un altro PD, con programmi chiari e ben definiti e, soprattutto, con altri candidati. Sicuramente non con un partito che candida Guerini. O Madia.