DI ANTONELLO TOMANELLI
Contesto mancante! Contesto mancante! Questa è la scritta che dovrebbe apparire sui teleschermi ogni volta che Ignazio La Russa fornirà al pubblico la propria personalissima versione dei fatti romani di via Rasella, dove il 23 marzo 1944 un nucleo partigiano dei GAP fece esplodere un ordigno di 20 kg nascosto in un bidone della spazzatura, al passaggio di un convoglio del battaglione «Bozen». Furono 33 i militari tedeschi uccisi.
Fra i primi ad accorrere il generale Kurt Mälzer. Visibilmente ubriaco, ordinò una rappresaglia agghiacciante: far saltare in aria, con dentro migliaia di persone, ogni edificio compreso tra via Rasella e via delle Quattro Fontane, senza operare alcuna selezione.
Gli ufficiali presenti pensarono bene di rimettere in sesto quello scocomerato dandogli acqua e caffè, almeno fino a quando non arrivò Herbert Kappler, che poco dopo ricevette per direttissima l’ordine del Führer: per ogni tedesco ucciso, la vita di dieci italiani.
In meno di 24 ore i tedeschi organizzarono la storica rappresaglia. Ma tra quegli italiani non figurava nemmeno uno degli attentatori di via Rasella. I nazisti fecero un unico mazzo prelevando a caso ebrei, preti, insegnanti rastrellati per strada; e alcuni detenuti del carcere di via Tasso, che per evidenti motivi nemmeno sapevano dell’attentato. Li portarono tutti alle Fosse Ardeatine.
Tra le notizie frammentarie che ogni ora aggiungevano all’elenco dei morti quei soldati che non erano stati uccisi all’istante dall’esplosione, obbligando ogni volta gli ufficiali tedeschi ad una nuova conta; tra le urla di chi in quelle cave aveva intuito il proprio destino; tra i conati di vomito dei giovani soldati tedeschi incaricati di sparare alla testa dei prigionieri, alla fine ne furono uccisi 335. Quei cinque in più perché «avevano visto troppo».
Non è dato sapere se a cogliere Ignazio La Russa sia stato il gusto della provocazione o il coraggio degli stolti. Anziché deplorare la a dir poco sproporzionata rappresaglia tedesca, ha posto l’accento sulla natura incosciente dell’attacco di via Rasella, che a suo dire aveva preso di mira «la banda musicale del battaglione Bozen, un gruppo di musicisti pensionati».
Da dove l’attuale presidente del Senato abbia attinto questa bislacca informazione, è destinato a rimanere un mistero, essendo noto che i componenti del battaglione Bozen erano soldati alto-atesini di stanza a Roma e arruolati nell’esercito tedesco con compiti di polizia d’ordine.
Dunque, un falso storico eclatante, nonché un’occasione mancata per gli attivissimi e omnipresenti fact-checkers per dimostrare di sapersi guadagnare in modo onesto il proprio stipendio.