GUERRA ALLE NAVI ONG

DI MARIO PIAZZA

Mario Piazza

 

Secondo i dati ufficiali del Viminale i naufraghi soccorsi dalle navi delle ONG sono il 16% del totale degli sbarchi, ciò significa che delle 90.000 persone (persone, non ratti) sbarcate quest’anno sulle coste siciliane almeno 75.000 sono arrivate coi propri piccoli scafi oppure sono state salvate da navi della Marina Italiana e da imbarcazioni commerciali di passaggio.
Le nuove disposizioni riguardanti le navi ONG che il ministro Piantedosi si accinge a varare sono ancora una volta in contrasto col diritto internazionale e con le leggi che accompagnano la navigazione dai tempi delle triremi romane e ancora una volta ci renderanno ridicoli e odiosi al resto del mondo, fatta eccezione per chi come lui ha sostituito cuore e cervello con sostanze letterariamente alternative e non proprio considerate nobili.
La prima, quella di un solo soccorso alla volta, farebbe ridere se non fosse tragica e surreale nel suo squallore. Ve lo immaginate un equipaggio che ha appena rischiato la pelle per soccorrere un centinaio di persone pronte per morire su un gommone sgonfio che alla vista di un secondo gommone o di un terzo ordina “avanti tutta” e si allontana lasciando che i suoi occupanti crepino in silenzio?
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La seconda, ovvero la richiesta immediata di un porto sicuro dopo il primo salvataggio, è ideologicamente perversa. Si tratta di un escamotage criminal-burocratico per allontanare per quanto più tempo è possibile le navi di soccorso dalle zone di mare interessate costringendole a lunghe crociere come è accaduto ieri alla Sea Eye 4 e alla Life Support, spedite al porto di Livorno. L’inconfessabile speranza è che durante la loro assenza il maggior numero possibile di naufraghi sparisca tra le onde.
La terza, quella della richiesta d’asilo da compilare prima dello sbarco a cura dei volontari trasformati sul campo in pubblici ufficiali non dice cosa essi dovrebbero farne di chi non è identificabile o non è in grado di rispondere alle domande. Immagino che secondo Piantedosi dovrebbero essere riportati in Libia, o nel paese di bandiera della nave tipo Oslo o Stoccolma, o meglio ancora ributtati in mare come i pescatori fanno con le alghe e le meduse che si impigliano nelle loro reti.
Questi sono usciti di senno, sono stati colpiti da un’isteria patologica che con il raziocinio umano non ha più nulla a che vedere, ci coprono di vergogna e di ridicolo per risolvere un problema che, dati alla mano, neppure esiste.