DI ALFREDO FACCHINI
È la cronistoria – dal ‘48 ad oggi – dei “caduti”, operai, braccianti, studenti, sindacalisti, uccisi dai fascisti, dalle forze dell’ordine e dalla mafia. Una scia di vite spezzate.
11 APRILE 1948
UNA BOMBA SULLA FOLLA
Tra una settimana si vota. Le elezioni del diciotto aprile assomigliano sempre di più ad uno scontro di civiltà. La “Democrazia Cristiana”, si presenta al popolo come bastione della proprietà privata e dei valori del cattolicesimo contro le barbarie del comunismo e dell’’ateismo.
Il “Fronte Popolare”, che unisce in una unica lista socialisti e comunisti, rivendica l’esproprio della grande proprietà terriera, la nazionalizzazione dei monopoli e la partecipazione dei lavoratori nella gestione delle aziende.

Anche a Lizzanello, in provincia di Lecce, il clima è bollente. In questo piccolo centro nel tacco dello stivale, stasera arriva per un comizio, Giuseppe Calasso, deputato comunista, di Copertino. Un politico più volte finito nei guai con la giustizia per difendere le lotte delle tabacchine.
Qui nel Salento si coltiva il tabacco dal secolo scorso. Già nel 1812, con l’insediamento del Regno di Napoli, venne istituita la prima “Manifattura Tabacchi del Salento Leccese”.
Nelle manifatture tabacchi la lavorazione di sigari e sigarette è affidata quasi esclusivamente a personale femminile con salari molto inferiori a quelli maschili.
Le tabacchine vengono sottoposte a ritmi massacranti, in ambienti malsani: le esalazioni provocate dal tabacco in fermentazione sono causa frequente di febbri e malattie.
A Lizzanello non c’è ancora una sezione del “Pci”. C’è quella, però, del neonato “Fronte Popolare” in via Gramsci. L’appuntamento è per le venti. Calasso parlerà a nome del “Fronte”. Nel paesino salentino regna un’alleanza tra democristiani e qualunquisti, quelli dell’”Uomo qualunque”, di Guglielmo Giannini. Curano gli interessi dei riccastri del paese che si fanno chiamare con deferenza “Don” o “patrunu”. Terre e fabbriche è tutta roba loro. Nel pomeriggio sono già volate pietre e spintoni tra opposti schieramenti.
<<”L’Uomo Qualunque” fu un settimanale satirico, un movimento di protesta e un partito politico. Nato, in tutte e tre queste sue componenti, dall’irriverente penna di un commediografo tutt’altro che anonimo, Guglielmo Giannini, il fenomeno del “qualunquismo storico” segnò una reazione spontanea alla nuova politicizzazione dell’Italia a seguito del crollo del regime fascista. Il successo pubblicistico del giornale fu seguito dal successo politico del partito che arrivò a influenzare in maniera rilevante le scelte della politica italiana negli anni di transizione dal fascismo alla Repubblica>>. (Qualunquismo. Una storia politica e culturale dell’uomo qualunque. Libro di Maurizio Cocco)
Calasso arriva da Cavallino, dove ha tenuto un applaudito comizio. A Lizzanello si avvia a parlare con passione delle terre incolte da restituire ai contadini. Denuncia lo sfruttamento delle lavoratrici del tabacco. La folla batte le mani.
Neanche un quarto d’ora e una bomba a mano esplode a mezz’aria, <<proprio all’altezza della testa del piccolo Cesarino Trovè, un diciassettenne piuttosto basso che ascoltava mangiando semi insieme a Cesare Longo, un uomo alto, robusto, di cinquantasette anni. Calasso è a terra, colpito al capo dalle schegge della bomba. Si piange, Lucio Di Donfrancesco non vede più, gli occhi gli sanguinano, Annetta Caldarazzo di quattordici anni non ha più un orecchio, Antonia Di Donfrancesco ha il seno tagliuzzato, le schegge la torturano in tutto il corpo, Antonio Velino ha l’occhio sanguinante, lo perderà, così come “lu Ucciu te la ponna”, Angelo Calogiuri si torce dal dolore>>. (Vocivive.altervista.org)
E’ un bagno di sangue. Scene strazianti. La gente, che non è fuggita, presta i primi soccorsi. I feriti vengono caricati sui camion e portati all’ospedale di Lecce. Il bilancio finale: due lavoratori assassinati, Cesare Trovè e Cesare Longo e due donne col viso devastato dalle ferite. Diciotto feriti in tutto.
Gli autori, di quella che poteva essere una strage, non sono mai stati catturati. Ecco come, senza nessun pudore, il Sottosegretario degli Interni, Marazza, liquida la vicenda:” <<Nessun mezzo venne trascurato. A tutt’oggi però, per le peculiari circostanze in cui i fatti ebbero a verificarsi, l’autore non è stato purtroppo scoperto, né si sono scoperti gli eventuali complici o mandanti. Fra le varie ipotesi formulate va prendendo ora consistenza anche quella che si tratti di una vendetta personale a carattere privato>>.
Le elezioni il diciotto aprile le vince la “DC”. Ma due anni dopo alle amministrative, Giuseppe Calasso, diventa sindaco di Lizzanello, restando in carica per dieci anni.
Scrive, Leonardo Sciascia: “Con lui i padroni non ebbero certo vita facile. Il nostro è un paese in cui i nodi vengono sempre al pettine. Quando c’è il pettine>>.