DI ANTONELLO TOMANELLI
C’è una crepa in quel vaso di porcellana ostentato al mondo intero come fulgido esempio di democrazia e libertà, da difendere ad ogni costo, pur di far diventare il suo interno un misto di cimitero e orfanotrofio. Una crepa prodotta proprio dal suo mentore, raffigurabile nella più classica delle coltellate alla schiena, che nessuno si sarebbe mai aspettato.
E quando a dare questa coltellata è la CIA, allora significa che qualcosa di grosso si sta muovendo. Anche la candida Ucraina, aggredita dall’orco russo, nasconde i suoi orrori. E chi li svela, avrà i suoi motivi.
La CIA ha comunicato a tutti i media del mondo che il barbaro assassinio di Darya Dugina, figlia dell’ideologo Alexandr Dugin, sbrandellata lo scorso 20 agosto da una bomba esplosa sotto il sedile dell’auto che guidava, è robaccia di Kiev. Non è certo un bel modo di aiutare il compagno di lotta Vlodimir. Perché se Zelensky in Ucraina è più potente del Parlamento, allora è come mettere nero su bianco che è stato lui ad uccidere quella ragazza.
Ciò che suona strano è che il siluro lanciato da Washington avviene in concomitanza di due fatti rilevanti. La straordinaria e inaspettata avanzata dell’esercito ucraino, che ha finito per ricacciare sui propri confini l’esercito russo, in attesa di un secondo esercito di riservisti. E la concreta possibilità che Putin sia messo nelle condizioni di dover spolverare l’Atomica, avendo tutti capito che non mollerà mai.
Fa impressione come il sistema mediatico appaia quale esecutore di quella che potrebbe diventare una campagna denigratoria nei confronti di Zelensky, qualora Washington optasse per abbandonarlo in una discarica. In Italia è stata per prima La Repubblica, il quotidiano più sfacciatamente filo-atlantista, che da otto mesi tesse le lodi del presidente ucraino, a far passare quella che ha tutta l’aria di essere una parola d’ordine: screditare Zelensky subito.
Anche il modo in cui la notizia è stata veicolata fa pensare. Tutte le testate sono uscite mostrando la più bella tra le foto che raffigurano Darya Dugina, dove la dolcezza del suo volto, accostata alla rudezza che da sempre marca quello di Zelensky, non può che essere destinata a suscitare disprezzo per il suo carnefice.
Un assist a Putin? Un messaggio al leader russo per calmare le acque? Forse finalmente negli USA è nato un partito della Ragione, che il malumore degli americani convogliato nei sondaggi sulle imminenti midterm danno vincente?
Presto per dirlo. Non dobbiamo far altro che aspettare. Ma personalmente non vorrei trovarmi nei panni di Zelensky. Forse incomincia a capire che la forza di chi è stato in grado di portarlo così in alto, consentendogli di tener testa ad una potenza come la Russia, lo fa tremare di paura ora che si vede attaccato frontalmente da quella stessa forza, dandogli la netta sensazione di essere spinto verso un tragico destino.