IL GOLPE DI ZELENSKY

DI ANTONELLO TOMANELLI

ANTONELLO TOMANELLI

IL GOLPE DI ZELENSKY

 

Quello che sta accadendo a Kiev è la dimostrazione che un comico non fa una democrazia. Già la notizia che Zelensky ha vietato per decreto ogni negoziato con Putin, dovrebbe suscitare ilarità persino in un malato terminale. Ma se scaviamo in fondo a questa oscena vicenda, dovremmo concludere che Putin, messo a confronto con l’omologo ucraino, somiglia molto di più a Gesù Cristo che non a Belzebù.

Vietare un negoziato è come dire viva la guerra. E se lo fa un capo di Stato, significa che se ne fotte del proprio popolo. Su questo non vi è rischio di smentita.

Ma come ci è arrivato, è una sorpresa.

L’organo che ha votato questa decisione è il Consiglio per la Difesa e la Sicurezza dell’Ucraina, che è un organo consultivo del presidente, cioè di Zelensky. E il fatto che non disponga di proprie infrastrutture ma si riunisca nel palazzo presidenziale, la dice lunga sul suo grado di autonomia.

Istituito nel 1992 dalla Verchovna Rada, ossia il Parlamento ucraino, di parlamentare questo Consiglio non ha nulla, nel senso che non vi è un solo membro eletto. Un coacervo di pezzi grossi dell’esercito, servizi segreti, ministri di settore. Protegge la sovranità, l’ordine costituzionale, l’integrità territoriale dell’Ucraina, fa valutazioni tecniche e scientifiche sulla minaccia di una guerra. Insomma, un consigliere militare che in caso di conflitto armato ha indubbiamente i suoi poteri.

Ma certamente non il potere di decidere se incominciare una guerra o impedirne la cessazione vietando qualsiasi negoziato col nemico. Questo potere per Costituzione ce l’ha soltanto la Verchovna Rada, l’unico organo costituzionale che «dichiara la guerra e la pace».

Del resto, è una constatazione logica in una democrazia. Anche in Italia «Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari», come si esprime l’art. 78 della Costituzione. In democrazia una decisione grave come quella di entrare in guerra può essere presa soltanto dai rappresentanti del popolo. Ed altrettanto grave, oltre che un tantino illogica, è la decisione di procrastinarla ad libitum. Figuriamoci, quindi, se l’organo consultivo di un capo di Stato, o lui stesso, e non il Parlamento, possono proibire negoziati per la Pace. Se stiamo sognando, che qualcuno ci svegli.

Zelensky sta uscendo persino dalle righe del film che ha interpretato e che l’ha catapultato in una funzione di cui non è minimamente degno. E se qualche stolto, peraltro facilmente identificabile nello scemo di guerra in tempo di pace, dovesse dire che Zelensky l’ha fatto perché è un valoroso combattente che si oppone alla tracotanza di Putin, a costoro bisognerebbe spiegare che in democrazia lo Stato di Diritto permane anche in caso di guerra. E che si tratta di un bene così prezioso che nemmeno i valorosi combattenti, o presunti tali, hanno il diritto di affossarlo.