SECONDO MANDATO SI, SECONDO NO

DI GIOACCHINO MUSUMECI

 

A poche settimane di distanza dal voto questo tema pare insensato, quasi un delirio venato di masochismo politico. Data la debolezza conclamata di avversari senza argomenti utili e il Pd impegnato in una pesca a strascico della disperazione, sarebbe il caso di essere concreti e sostanziali.
Dopo gli accadimenti e gli sconvolgimenti interni al Movimento tra cui la scissione dimaiana, francamente un favore al Movimento e una liberazione per tanti simpatizzanti, l’elettore potenziale necessità essere rappresentato da solidi elementi di spicco affinché la parola “improvvisazione” sia accantonata per sempre. Ciò non significa abbandonare un principio ma adattarlo alla congiuntura. Rinunciare ora a Big che non hanno mai tradito offre il fianco ad avversari indegni, senza progetti e privi nomi attrattivi.
Tra i pentastellati esistono professionisti della politica preparati, intellettualmente onesti e affidabili oltre figure miserrime come Luigi Di Maio e i suoi pietosi seguaci. Siamo in circostanze eccezionali e le repliche devono essere ugualmente eccezionali: se all’orizzonte esiste la possibilità di coinvolgere nomi culturalmente pesanti, e ce ne sono, bisogna andare proprio in quella direzione affinché il Movimento possieda un substrato culturale potente e travolgente.
In questo scenario dinamico il Garante, spiace per lui, non può imporre obtorto collo il limite dei due mandati in assenza di tempo utile per valutarne completamente nuovi.
E poi basta, diciamolo per bene, Luigi Di Maio era il pupillo di Grillo, bene svegliarsi ma troppi mesi di ritardo per scrivere solo ora Luigi “ a cartelletta”. Mi meraviglio anche dei facili entusiasmi: “Grillo è quello di prima”, proprio no: l’avevamo capito da mesi, io, Giancarlo Selmi, Salvatore Granata e altri che Di Maio era un poveraccio, un guasto grave e lesivo per l’equilibrio del Movimento. Siamo stati insultati per aver criticato le carenze e la deriva ingannevole di un icona mistificatrice di cui troppi si sono pentiti.
L’elevato non era abbastanza illuminato per intravedere l’opacità del Di Maio ma lucido per parlare di Draghi grillino: sveglia ragazzi.
Con tutto il rispetto per Grillo orbitante su piani troppo lontani per comuni mortali, nel mondo reale, dopo la partecipazione al cenacolo di Draghi, il Movimento ha molto da riconsiderare per riabilitarsi agli occhi di un bacino elettorale immenso.
Dunque c’è una sola direzione percorribile in questa campagna elettorale: ai nove punti del progetto pentastellato abbinare uomini e donne solidi e ben conosciuti, affiancati da nomi nuovi a cui spetta un compito difficilissimo oltre quello del leader: credere in una missione sociale e coinvolgere cittadini da sopra un palco. Se il Movimento non possiede queste carte e seguirà la strategia del rinnovamento alla cieca secondo un dettato dogmatico, sarà una debacle.
Naturalmente avete letto il mio punto di vista, consideratelo tale e abbiatene uno vostro.