I CONFINI DEL KURDISTAN

DI MARIO PIAZZA

 

Ci voleva la guerra in Ucraina e l’oscena mediazione di Erdogan perchè si tornasse a parlare dei Kurdi, questa volta non per restare ammirati dagli splendidi sorrisi delle guerrigliere del Rojava ma per consegnare una ventina di milioni di persone alla “pulizia etnica” del boia meglio pagato al mondo, ovviamente da noi occidentali.
Diciamoci la verità, la maggior parte di noi dei Kurdi non sa una mazza e ancora meno gli importa. Una nazione chiamata Kurdistan non è mai esistita, la terra destinata a quel popolo di 40 milioni di persone è stata incamerata dalla Turchia un secolo fa.
Dire “Kurdistan” è come dire valli bergamasche o agro pontino, e chi non ha una nazione non ha neppure dei confini entro i quali vivere e far valere il proprio diritto alla pace e all’autodeterminazione.
Quaranta milioni di persone buone prima per combattere i tagliagole dell’Isis al posto nostro e ora metà di esse diventate un quarto di manzo da infilare nel tritacarne del macellaio turco in cambio dei suoi buoni uffici.
Per constatare l’infamia dell’Occidente democratico non occorre scomodare il Vietnam, l’Iraq o l’Afghanistan. La possiamo vedere in tempo reale girando lo sguardo verso est, e magari qualche mago del computer potrebbe farci un “timelapse” così non ci perdiamo troppo tempo.
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